L’intervista

Allianz, il ceo Oliver Bäte: «Spinta sull’Italia, puntiamo su Unicredit. Assicurarsi? Non è una tassa»

di Stefano Righi

Allianz, il ceo Oliver Bäte: «Spinta sull'Italia, puntiamo su Unicredit. Assicurarsi? Non è una tassa»

Oliver Bäte, 58 anni, ceo di Allianz. In Italia la compagnia tedesca è guidata da Giacomo Campora e presieduta da Sergio Balbinot
Oliver Bäte, 58 anni, ceo di Allianz. In Italia la compagnia tedesca è guidata da Giacomo Campora e presieduta da Sergio Balbinot

Oliver Bäte lo ripete spesso: sono nato in Germania, ma il mio cuore è in Italia. Il legame con la Penisola si formò a metà degli anni Ottanta, quando Bäte prestò il servizio di leva in una base Nato in Sardegna. Malloreddus e surf ogni volta che usciva dalla caserma. Dopo essersi laureto alla Stern di Nyu ha lavorato per McKinsey e dal 2008 è in Allianz, di cui è amministratore delegato di gruppo dall’ottobre 2014. Allianz, una presenza in 70 nazioni, con 160 mila dipendenti e 126 milioni di clienti, in Italia controlla il 3,37 per cento del capitale di Unicredit.

Dottor Bäte, cosa pensa del caso Silicon Valley Bank?
«Le reazioni sono state totalmente folli. Quello che è accaduto non ha senso. La gente va nel panico ogni volta che succede qualcosa. Innanzitutto, Svb è sì una banca importante, ma non è una grande banca retail, bensì una banca commerciale. Per molto tempo hanno avuto un grosso problema di bilancio, perché si sono vincolati a bassi rendimenti con duration molto molte lunghe sugli investimenti, mentre hanno finanziamenti a breve termine».

Nel 2022 Allianz ha avuto un utile operativo di 3,2 miliardi di euro dall’Asset management: i risparmiatori hanno bisogno di protezione. Come giustifica allora quanto è successo in California con Svb?
«Dobbiamo essere molto cauti, stiamo ancora analizzando quello che è successo lì. Ma le banche sono molto diverse dalle compagnie di assicurazione, che sono molto più sicure delle banche. Perché? Perché il finanziamento delle banche è a breve termine, mentre gli attivi possono essere a lungo termine. Le compagnie di assicurazione hanno una corrispondenza molto precisa tra attività e passività e in termini di liquidità, quindi quello che si è verificato non può accadere in una compagnia di assicurazione. Questa è la cosa più importante da sapere. Per questo non capisco perché la gente sia così nervosa. Se si guarda alla nostra duration in Allianz, il matching tra attività e passività è strettissimo. Quindi, siamo molto, molto attenti al matching. Vogliamo essere il posto più sicuro dove mettere i soldi, questa è la cosa più importante, e Allianz lo è».

Vediamo Credit Suisse e gli interventi a sostegno, dalle autorità a Ubs. Secondo lei, una situazione come quella di Svb potrebbe verificarsi in Europa?
«Non bisogna mai dire mai, ma credo che sia molto improbabile, perché il modo in cui funziona la struttura dei bilanci per la maggior parte delle grandi banche è molto diverso. Ma posso dire che, anche guardando alla storia in Europa degli ultimi due anni, non bisogna mai dire mai. Dobbiamo essere tutti vigili e attenti quando si decide dove mettere il proprio denaro. Per questo dico ai clienti: scegliete con molta attenzione il partner con cui fare affari, guardate con molta attenzione il suo rating e altri indicatori di salute dell’azienda: Allianz è una delle poche compagnie al mondo ad essere estremamente attenta a tutti questi parametri».

Guardiamo al vostro accordo con Unicredit. È un accordo che dura da molto tempo e che è stato rinnovato all’inizio del 2022. Come lo valuta?
«Siamo molto soddisfatti di come sta funzionando la partnership con Unicredit, molto soddisfatti. Perché abbiamo trovato il modo di investire in modo particolare sugli aspetti di protezione dei prodotti, non solo assicurazioni sulla vita, che è qualcosa di cui i consumatori hanno bisogno in Italia e anche nell’Europa dell’Est e in Germania. Sono molto felice di aver trovato un modo per lavorare sistematicamente con Unicredit in tutti i paesi. E facciamo due cose: offriamo i nostri prodotti di protezione ai clienti di Unicredit e, inoltre, scegliamo mercato per mercato i migliori prodotti di Unicredit per le nostre agenzie, per i nostri clienti. Ovunque siamo nettamente superiori alle aspettative e ai nostri obiettivi, pur nella diversità dei mercati, quindi siamo molto soddisfatti. La cosa più importante su cui stiamo lavorando, ed è per questo che è rilevante una partnership a lungo termine, è che dobbiamo integrare i prodotti nei processi di consulenza e nel sistema informatico della banca, in modo da facilitare la consulenza dei dipendenti ai clienti. Questa è la sfida più grande che dobbiamo vincere».

L’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel, è stato criticato per il livello del suo stipendio e per il nuovo schema di incentivazione. Voi siete azionisti di Unicredit. Cosa ne pensate?
«Tre cose. Primo: siamo molto soddisfatti della performance di Unicredit come azienda e del prezzo delle azioni, a prescindere dalla volatilità, e questo è dovuto a una grande squadra al vertice, perché Pier Carlo Padoan e Andrea Orcel sono un ottimo team per guidare la banca. Secondo: siamo assolutamente favorevoli al cambiamento dell’incentivo dell’amministratore delegato. Come azionisti siamo totalmente d’accordo. Perché? Perché il cosiddetto aumento dei target non cambierà la remunerazione di Andrea Orcel nel breve termine, a meno che non produca risultati superlativi. Terzo: vogliamo che Unicredit ottenga risultati eccellenti come negli ultimi due anni. Se Andrea e il suo team continueranno a fare un lavoro eccezionale come nell’ultimo biennio, saremo ben felici di pagare molto bene tutto il team manageriale, perché siamo in un’economia di mercato. Lui verrà remunerato bene solo se farà un ottimo lavoro per gli azionisti, i clienti e i dipendenti della banca. Quindi, riteniamo che l’allineamento del programma di incentivazione sia molto buono. Vi faccio un esempio: il suo incentivo è principalmente costituito da azioni a lungo termine, che vengono pagate a 7 anni. Non ha interesse solo a miglioramenti a breve termine, ma otterrà il riconoscimento del suo lavoro solo dopo molti, molti anni. È esattamente così che dovrebbero essere gli incentivi».

Nel 2022 il gruppo Allianz ha registrato un utile operativo record di 14,2 miliardi di euro. Quali sono i fattori di questo successo?
«Abbiamo avuto risultati record nel 2021 e nel 2022, anche se bisogna pensare che avevamo il Covid, la guerra in Europa e che il 2022 è stato l’anno peggiore nei mercati dei capitali in circa 60 anni: tutte le obbligazioni e le azioni sono scese in modo massiccio. Sono molto felice e orgoglioso delle nostre 160 mila persone perché insieme abbiamo approfittato del periodo del Covid per rendere l’azienda più resiliente e questo è il messaggio più importante. Come? Lavorando su due cose: primo, essere sicuri che ogni dipendente lavori su ciò che il cliente vuole veramente. È sempre facile dire di essere un’azienda incentrata sul cliente, ma noi ci stiamo concentrando davvero su questo aspetto e incentiviamo le persone a ottenere risultati migliori in termini di soddisfazione dei clienti. I dati sulla fedeltà dei clienti indicano una crescita da quasi 10 anni. La seconda cosa è che abbiamo la forza lavoro più motivata del nostro settore: l’anno scorso, per la prima volta nella nostra storia, abbiamo raggiunto il più alto livello di soddisfazione dei dipendenti rispetto a qualsiasi altra azienda con cui abbiamo fatto benchmark. È quindi molto importante, e particolarmente in tempi in cui le persone sono preoccupate («angst» è la parola tedesca, ndr), impaurite per il futuro, incerte su ciò che accadrà ai prezzi dell’energia, sul futuro dei posti di lavoro, sulla possibilità di permettersi di vivere con prezzi che crescono a dismisura. In un simile contesto, i nostri clienti sanno di essere al sicuro con Allianz e, cosa molto importante, anche i nostri dipendenti».

Cosa ha imparato dal Covid, dalla guerra in Ucraina e dall’inflazione?
«La cosa più importante che ho imparato è che le persone vogliono istituzioni di cui si fidano. Su chi altro si può fare affidamento? Perché c’è poca fiducia nei governi, c’è poca fiducia in molti settori, mentre Allianz è la compagnia assicurativa più affidabile al mondo. E voglio essere sicuro che questo sia il fondamento assoluto del nostro lavoro».

L’Italia è storicamente un Paese sotto-assicurato. Perché?
«Non sono italiano, ma amo molto l’Italia. Quindi devo essere cauto... La mia opinione è che molti italiani pensano all’assicurazione come a una tassa, la gente ritiene che non sia utile, ma che sia qualcosa che il governo chiede di fare, come assicurare l’auto. In Germania si pensa all’assicurazione come a un modo per proteggere la propria famiglia e la propria vita. Questa è una delle differenze fondamentali e in Germania abbiamo molta più fiducia nel settore assicurativo che in Italia. Quindi, dobbiamo chiederci a livello di industria assicurativa come possiamo fare meglio. L’Italia è molto competitiva: negli ultimi dieci anni il prezzo delle assicurazioni auto è sceso del 50%. Si tratta quindi di un mercato super-competitivo, con prezzi molto buoni per i consumatori. Avete ottimi prodotti in ambito salute, il sistema sanitario in Italia è ottimo. Il problema è che dobbiamo convincere le persone che l’assicurazione non è una tassa, ma è molto importante per proteggere se stessi e la propria famiglia».

Dopo il Covid vede una maggiore attenzione alle esigenze di tutela della salute da parte delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali con il coinvolgimento delle compagnie assicurative?
«Sia in Italia che in Germania il sistema sanitario pubblico è complessivamente buono, anzi è parecchio buono rispetto ad altri Paesi. Il problema è che in Italia e Germania ci sono grandi differenze tra alcune città e regioni: se si vive in una certa parte del Sud in Italia o nella Germania dell’Est, è possibile che non ci siano i migliori ospedali. Credo che questo sia un problema da risolvere: in Italia trascorro molto tempo in Sardegna, a Olbia, dove è stato appena costruito un nuovo ospedale, che è fantastico. È quindi importante costruire infrastrutture ospedaliere solide, soprattutto nelle aree remote e questo è un commento generale. Ma c’è bisogno anche di integrare ciò con un sostegno privato, soprattutto, a mio avviso, per le malattie critiche: cancro, seri problemi ortopedici, malattie a lungo termine... Spesso i sistemi pubblici non sono così ben attrezzati perché si concentrano sul sostegno di massa, e quindi l’assicurazione privata è molto importante. Non solo per pagare il conto, ma anche e soprattutto perché si tratta di un’attività di servizio: occorre assicurarsi, innanzitutto, per arrivare al medico giusto, perché molto spesso le persone non sanno dove trovare un oncologo o hanno bisogno di trovare uno specialista in medicina interna e non sanno dove andare. È molto difficile orientarsi nel sistema sanitario. Quindi uno dei ruoli più importanti che abbiamo è quello di aiutare i nostri clienti a trovare e ad avere accesso ai migliori medici, non solo di pagare il loro conto. E poi assicurarci di negoziare i prezzi corretti per loro, perché molte delle migliori cure sono molto costose e spesso disponibili solo per le persone più abbienti. Dobbiamo quindi fare in modo che la medicina specialistica sia accessibile ai cittadini e questo è il nostro ruolo: assicurarci che la qualità e il costo siano corretti. Il ruolo dell’assicurazione sta cambiando totalmente, in futuro diventeremo molto più un fornitore di servizi che qualcuno che si limita a pagare una fattura».

Guardiamo al futuro: le banche sono state travolte dalla tecnologia. Che dire delle compagnie di assicurazione e dell’impatto delle cosiddette Insurtech...
«L’Insurtech non ha ancora avuto molto successo. Il motivo è che molto di ciò che facciamo non può essere scalato, spostato su una base di costi fissi a livello globale, come nel settore bancario; si pensi all’innovazione che è tipicamente rappresentata dai pagamenti diretti, come Pay Pal o Apple Pay, perché si tratta di un processo digitale puro, se lo si fa in modo corretto e si può scalare a livello globale. Nel settore assicurativo, molto di ciò che facciamo è in realtà molto difficile da scalare, perché si ha un’officina locale, un riparatore locale, un tribunale locale, un avvocato locale, eccetera. Quindi, molti di questi processi sono fisici e con molte parti coinvolte, dunque sono molto complicati e altamente regolamentati, molto più delle banche. L’assicurazione è quindi un modello molto complesso. Dove vediamo l’innovazione? Ci sono aree come la cyber-assicurazione, dove vedremo molta più innovazione, perché si tratta di un prodotto digitale. Voglio congratularmi con l’Italia: il governo Draghi con Colao ha fatto enormi progressi nella digitalizzazione».

Siete molto impegnati nel sociale e nello sport. Perché?
«Siamo partner globali dei Movimenti Olimpico e Paralimpico e siamo molto orgogliosi di ospitare la Fondazione Milano-Cortina 2026 nella nostra Torre di Milano, aiutandoli ogni volta che possiamo. È fondamentale che le istituzioni italiane, tutte, sostengano i Movimenti Olimpico e Paralimpico e la cosa più importante è che dobbiamo migliorare la qualità degli stadi, in particolare per le Paralimpiadi. Molti stadi e molte sedi, tra cui l’Arena di Verona che ospiterà la cerimonia di apertura, non sono pronti ad accogliere persone con disabilità: se posso fare una dichiarazione come sponsor a nome dei Movimenti Olimpico e Paralimpico, dobbiamo fare in modo che tutta la comunità, non solo i contribuenti ma anche le grandi aziende, sostengano questo evento che è così importante per il Paese affinché possa brillare, e non solo pensando alle persone che sono fortunate nella vita, ma anche a quelle che hanno disabilità. Ci sono diversi stadi che hanno bisogno di forti investimenti per far partecipare gli atleti paralimpici e le persone con disabilità in modo adeguato».

Qual è il suo consiglio sulla pianificazione finanziaria per un giovane trentenne all’inizio del suo percorso di lavoro?
«Con o senza famiglia? Perché fa un’enorme differenza…».

Con una famiglia....
«La cosa più importante è iniziare ad affrontare i bisogni più elementari che si hanno. La prima è assicurarsi che, quando ci si ammala, soprattutto in modo permanente, si sia protetti; l’invalidità personale è importantissima. La seconda cosa più importante è iniziare il prima possibile a prepararsi per la pensione, perché sappiamo che i nostri governi non hanno i soldi per pagarci le pensioni di cui avremo bisogno, soprattutto ora che è tornata l’inflazione. Questo è molto importante. E poiché la maggior parte degli italiani possiede da qualche parte la casa di famiglia, è molto importante avere i soldi per mantenere la casa e conservarla. Quindi, se avete bisogno di fondi, sia per la casa che per la pensione, dovete risparmiare il prima possibile e non toccare i soldi, mai: perché la differenza tra un rendimento basso e uno alto è il tempo, non continuare a reinvestire costantemente, ma risparmiare in modo sicuro per il lungo periodo».

Qual è la differenza tra essere con o senza figli?
«Ricordo quando sono diventato padre, quando hai qualcuno che dipende da te, si chiama sangue. Io dico sempre: puoi scegliere una compagna o una moglie, ma non puoi scegliere i genitori e i figli, che saranno con te per sempre e dipenderanno da te. Pertanto, non si può pensare solo al proprio futuro, ma anche a quello di coloro che dipendono da te. Ecco perché raccomandiamo sempre una strategia di investimento più conservativa quando ci sono persone che dipendono dalla vostra vita; ciò è molto importante».

In che modo le compagnie di assicurazione possono essere partner nella pianificazione finanziaria?
«Allianz non è solo una compagnia assicurativa, ma anche uno dei maggiori investitori e asset manager al mondo. In realtà, non è importante se si guarda a un prodotto assicurativo o a un fondo d’investimento: la cosa più importante è avere il giusto equilibrio tra rischi e opportunità. Gli obiettivi economici che ci hanno insegnato all’Università sono sempre tre: il rendimento, la sicurezza e la liquidità. All’università abbiamo anche imparato che si possono avere solo due dei tre obiettivi contemporaneamente: si possono avere rendimento e sicurezza ma non si può avere liquidità, si possono avere sicurezza e liquidità e non avere un rendimento elevato.... e per un rendimento elevato a lungo termine, bisogna rinunciare alla liquidità, se si vuole anche la sicurezza. La cosa fondamentale è valutare qual è la propensione al rischio e consultare la propria famiglia. Perché dico questo? Perché molte persone hanno ancora molti soldi in conti bancari, non investiti a lungo termine. In tutti i Paesi europei la gente ha troppo denaro in conti correnti: l’Italia ha 2 mila miliardi di euro in depositi che non sono investiti nel lungo periodo. Non lasciate i vostri soldi sul conto corrente, non più di quanto vi serva e investite il resto a lungo termine. Questo è il mio consiglio numero uno: mantenete la liquidità per le vostre esigenze, ma investite il resto nel lungo periodo, altrimenti perderete molti soldi».

Iscriviti alle newsletter di L'Economia

Whatever it Takes di Federico Fubini
Le sfide per l’economia e i mercati in un mondo instabile

Europe Matters di Francesca Basso e Viviana Mazza
L’Europa, gli Stati Uniti e l’Italia che contano, con le innovazioni e le decisioni importanti, ma anche le piccole storie di rilievo

One More Thing di Massimo Sideri
Dal mondo della scienza e dell’innovazione tecnologica le notizie che ci cambiano la vita (più di quanto crediamo)

E non dimenticare le newsletter
L'Economia Opinioni e L'Economia Ore 18

ULTIME NOTIZIE DA L’ECONOMIA
>