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ExxonMobil, campione del petrolio, ora investe (anche) nel litio

La compagnia Usa avrebbe comprato diritti minerari in Arkansas, un modo per prepararsi alla transizione verso l’auto elettrica, ma probabilmente anche per ripulire l’immagine e approfittare dei i ricchi incentivi offerti dall’Inflation Reduction Act

di Sissi Bellomo

3' di lettura

Dall’oro nero all’oro bianco. Il litio ha attirato l’attenzione di ExxonMobil, che ora punta a entrare nel business del metallo impiegato nelle batterie. Non si può ancora parlare di un cambio di pelle, ma è comunque un passo significativo da parte della Major statunitense, colosso del petrolio per antonomasia, che comincia così a prepararsi al passaggio alla nuova mobilità: continuando da un lato a riempire i serbatoi dei veicoli con motore a combustione (che non spariranno presto dalle nostre strade) e dall’altro mettendo un piede nella filiera dell’auto elettrica, sempre più affamata di materie prime.

Ad alzare il velo sui piani di Exxon sono fonti del Wall Street Journal, che hanno rivelato l’acquisto di diritti minerari in Arkansas, in un’area di 120mila acri lordi (quasi 50mila ettari). Pare che a vendere sia stata la società d’esplorazione Galvanic Energy, a un prezzo di oltre 100 milioni di dollari: una piccolo investimento per un gigante come Exxon, che però riapre le porte a un percorso forse incautamente abbandonato in passato.

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L’invenzione delle batterie ricaricabili a ioni di litio si deve anche alle scoperte effettuate negli anni ’70 da un chimico che lavorava nei laboratori della compagnia texana, Stanley Whittingham, che è stato poi insignito del premio Nobel nel 2019.

Oggi ben più di cinquant’anni fa il settore del litio – materiale almeno per ora insostituibile nei catodi – si presenta appetibile per gli investitori, considerata la previsione di un’ulteriore enorme espansione dei consumi globali e la concreta possibilità che si verifichino carenze capaci di infiammare i prezzi.

L’arena dei produttori a dire il vero è già diventata piuttosto affollata e anche per questo il valore del metallo è diminuito parecchio negli ultimi mesi: i prezzi del carbonato litio, oggi intorno a 28mila dollari per tonnellata sul mercato spot , sono più che dimezzati rispetto ai record di novembre 2022, quando erano volati oltre 85mila dollari).

Sulle catene di rifornimento ci sono comunque rischi geopolitici in agguato, anche per gli Usa, che un tempo erano i maggiori produttori del metallo salvo poi smantellare il settore: la Cina continua a dominare le fasi di raffinazione e ad aprile il Cile – che si contende con l’Australia il primato delle forniture minerarie – ha deciso di nazionalizzare il settore.

Al di là di tutto, investire in patria promette di essere un ottimo affare per una compagnia come Exxon, simbolo della potenza industriale a stelle e strisce, non fosse altro che per i faraonici incentivi offerti da Washington: l’Inflation Reduction Act (Ira) concede crediti di imposta del 10% a chi estrae metalli critici negli Usa e si stima, più in generale, che ci siano intorno a 30 miliardi di dollari messi a disposizione per favorire lo sviluppo di una filiera autoctona delle batterie.

Darsi al litio «made in Usa», accanto ad altre iniziative utili alla transizione energetica (nel caso di Exxon soprattutto idrogeno e impianti per la cattura e sequestro di CO2 ), è anche un modo per riconquistare gli investitori, sempre più attenti ai temi ambientali. È diventata d’altra parte una strategia comune.

Chi più chi meno, tutte le Major petrolifere occidentali (e spesso anche le altre: si pensi ad esempio all’emiratina Adnoc, che si presenta sempre più come un campione delle rinnovabili) hanno iniziato ad esplorare nuove aree di attività per prepararsi a un futuro più green, ma anche – se non soprattutto – per ripulire la propria immagine, compromessa di quello che è e resterà ancora a lungo il core business, ossia la produzione di combustibili fossili.

Exxon forse più di altri ha bisogno di nuove credenziali, essendo finita sul banco degli imputati non solo sui media o nelle assemblee dei soci ma anche in veri e propri procedimenti giudiziari, accusata di aver nascosto a lungo i rischi per il cambiamento climatico legati alle sue attività. Il litio potrebbe dare una mano.

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