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L’evento va in scena ma non trascina la produzione

Come cambia e si rovescia la cassetta degli attrezzi per capire composizione tecnica e composizione sociale

di Aldo Bonomi

Fiera Milano Rho - Uno stand del Salone del Mobile

3' di lettura

Come cambia e si rovescia la cassetta degli attrezzi per capire composizione tecnica e composizione sociale. Oggi devi cercare nella società dello spettacolo, inseguire eventi ed eventologi per capire la metamorfosi delle imprese, dei lavori e delle città. Sembrano luoghi della leggerezza di uno storytelling continuato per apparire. Nella loro materialità pesante producono faglie nella composizione sociale, nel ridisegnare città e territori. Se la green week a Parma ci aveva fatto riflettere sul nesso eventologia-ecologia la design week appena celebrato a Milano ci rappresenta il nodo eventologia-economie. Rovesciando così il vecchio adagio struttura-sovrastruttura ben colto dagli articoli di Di Vico e Zovico conoscitori dei mobilieri lombardo-veneti che evidenziavano la faglia tra manifatturisti ed eventologi, creativi e designer che come nuove talpe, scavano e cambiano la geografia della Milano città cosmopolita rivitalizzando e disegnando spazi e luoghi della città che viene inoltrandosi sino a Varedo e le sue ville nella Brianza un tempo spazio verde della borghesia che fu. Si usa la metafora del distretto non come luogo del produrre, ma del rappresentare l’intimità dei nessi di lavoratori della conoscenza e della creatività, designer che hanno nelle fiere e nelle gallerie l’alternativa alle aziende. Anche perché alle imprese lo ha insegnato il Covid che va bene investire in eventi, ma a volte conviene tessere e ritessere reti lunghe di vendita e rappresentazione. Negli eventi precipita il modello di produzione della ragnatela del valore che integra rappresentazione e manifatturiero, si dispiega attraversando le mura dell’impresa, ristrutturando economie interne ed esterne alla fabbrica. Tessere la ragnatela del profitto scompone l’impresa e la società i suoi equilibri, i suoi conflitti, i rapporti tra ceti dentro le città e tra città e territori. La società non è un ecosistema neutrale governato da competenze e tecnica, è un campo solcato da faglie sociali, produttive e territoriali. Il Salone del Mobile è solo il più emblematico dei momenti che mettono in luce la composizione di una Milano oltre le sue mura che unifica il territorio dei produttori con la città degli eventologi, delineando un intreccio intricato di composizione sociale. Il problema non è la separazione tra i mobilieri in Fiera e i creativi nella città (i mobilieri stanno tanto fuori che dentro il recinto fieristico), ma l’affermarsi del meccanismo proliferante degli eventi come parte dell’economia urbana di Milano. Come se il Fuori Salone fosse cresciuto più del Salone quasi autonomizzandosi. Che interroga il come creare soglie che riducano la faglia tra una élite di brand che presidia le nicchie del lusso globale e il resto che arranca. Una visita all’ADI Museum del compasso d’oro ci ricorda l’intreccio tra impresa e creatività nel produrre bene e servizi. Da profano mi chiedo c’è qualcosa da ripensare in un design che si è finanziarizzato e chiuso nel seguire solo i gusti di una ristretta élite globale, lasciando ad Ikea il compito di riempire le case dei ceti medi che arrancano nell’abitare? Perché le faglie che negli eventi vanno in scena, sono anche territoriali oltre che produttive. Negli stessi giorni del Salone alla Fiera di Erba, Acinque l’utility dei territori dalla Brianza manifatturiera alla piattaforma alpina, dialogava in un evento riflessivo con i sindaci di Varese, Como, Lecco, Sondrio e Monza. In agenda i bisogni sociali di città medie che devono governare un doppio processo: crescere accogliendo i ceti medi in fuga dall’impennata dei costi riproduttivi di Milano e dotarsi di servizi qualificati per la qualità della vita provando a governare gli impatti dell’overtourism e della rendita immobiliare. Si scompone e ricompone la città infinita. Le città medie che fanno corona all’area metropolitana in divenire non sono ancillari ma nodo di reti con e per Milano. Reti della manifattura, vestita e rappresentata al Salone, in quella pedemontana che le attraversa con Monza in mezzo alle Brianze, reti di università e di una transizione ecologica territoriale…A proposito. Forse sarà il caso di prepararsi al prossimo grande evento: le Olimpiadi invernali nella metromontagna che va da Milano a Livigno passando per Sondrio …I numeri del Salone ci dicono che l’evento tiene e cresce. Prepariamoci a scomporli e ricomporli dove si incontrano eventologi e produttori ragionando anche di un equilibrio nella città e di un patto tra città per quelle economie fondamentali necessarie nella metamorfosi. I grandi numeri degli eventi sono lì a ricordarci che hanno senso quando si trascinano dietro la composizione sociale e produttiva. bonomi@aaster.it

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