ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùOpinioni

Intelligenza artificiale, non solo distruzione di posti di lavoro

Il termine “robot” si basa su un lessema ceco che significa “schiavo”, forse perché i robot prendono il posto degli schiavi. Il termine “schiavo” a sua volta deriva da “slavo”, la famiglia linguistica a cui appartiene il ceco, dato che la tratta degli schiavi era concentrata tra gli slavi a partire dall’alto Medioevo

di Ignacio De La Torre*

3' di lettura

Il termine “robot” si basa su un lessema ceco che significa “schiavo”, forse perché i robot prendono il posto degli schiavi. Il termine “schiavo” a sua volta deriva da “slavo”, la famiglia linguistica a cui appartiene il ceco, dato che la tratta degli schiavi era concentrata tra gli slavi a partire dall’alto Medioevo.

Ma l’ondata di licenziamenti che ha interessato diversi settori negli Stati Uniti non è una conseguenza dell’uso di robot, che è la manifestazione fisica dell’intelligenza artificiale, ma di computer collegati all’intelligenza artificiale generativa. Vediamo cosa sta succedendo.

Loading...

Con le soluzioni di intelligenza artificiale generativa le aziende possono aumentare la loro produttività. Alcune l’hanno già aumentata a due cifre in non più di sei mesi. Queste aziende possono dunque permettersi di ridurre il prezzo dei loro beni o servizi, guadagnando quote di mercato rispetto ai concorrenti. Non stiamo dunque parlando di aziende che licenziano perché i loro profitti sono in calo, ma di aziende con risultati in crescita che licenziano perché la tecnologia permette loro di fare di più con meno. Blackrock, Cisco, Google, Meta, Paypal, T Mobile e IBM, per esempio, hanno recentemente annunciato riduzioni del personale tra il 2% e il 13%.

Probabilmente questo è solo l’inizio e nei prossimi trimestri questo fenomeno interesserà molte altre aziende in tutti i settori. Secondo tre studi accademici che ad oggi hanno analizzato il fenomeno, con la diffusione dell’intelligenza artificiale generativa sono a rischio tra il 10% e il 20% dei posti di lavoro.

Questo non significa che la disoccupazione aumenterà proporzionalmente, poiché verranno creati anche molti nuovi posti di lavoro. Un aspetto che rende questa rivoluzione tecnologica diversa è che gran parte dei licenziamenti si concentrerà fra gli universitari e non, come in passato, sostituendo il lavoro in fabbrica. Inoltre, questa volta sono i lavori dei giovani a rischiare di essere automatizzati, il che aumenterà la già intensa disuguaglianza intergenerazionale.

Da quando le fabbriche hanno iniziato a sostituire il lavoro umano alla fine del XVIII secolo, i lavoratori hanno reagito alle novità tecnologiche con la paura, logica e illogica, di perdere la loro fonte di sostentamento. L’introduzione dello sportello automatico nel 1973 aveva fatto prevedere la scomparsa di molti posti di lavoro nelle filiali bancarie. Oggi il loro numero è invece triplicato rispetto a prima del bancomat perché il lavoro si è trasformato da una funzione più meccanica, come l’erogazione di contanti, a una più creativa, come la vendita di assicurazioni o fondi di investimento.

Inoltre, è importante comprendere il concetto di “curva J” nella tecnologia, che si riferisce all’intervallo di tempo tra l’introduzione di un’invenzione e la sua applicazione di massa. Il motore a vapore è stato perfezionato nel 1776, ma la prima fabbrica a vapore risale al 1810.

Questa volta credo che la tecnologia si diffonderà molto più rapidamente, ma la conoscenza della storia dovrebbe indurci a non esagerare gli impatti nel breve periodo.

Sappiamo anche che queste rivoluzioni tecnologiche portano a profondi cambiamenti nella scolarizzazione: le prime fabbriche hanno liberato parte del lavoro minorile, incoraggiando la scolarizzazione di base, così come l’avvento del trattore. La rivoluzione informatica, infine, ha dato ai giovani un accesso di massa all’università. Questa volta sarà decisiva la formazione permanente, innanzitutto per riqualificare i giovani studenti universitari penalizzati dall’IA.

Occorre ricordare, infine, che le rivoluzioni tecnologiche, permettendoci di produrre di più a parità di fattori produttivi, hanno portato a orari di lavoro più brevi - siamo passati dalle 2.000 ore di lavoro all’anno degli anni ’50 nei paesi dell’OCSE alle circa 1.500 di oggi - e a prezzi più accessibili di beni e servizi, migliorando il nostro tenore di vita, come dimostra l’evoluzione del reddito pro capite dal 1800 a oggi.

*Chief economist di Arcano Partners

Riproduzione riservata ©
Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti