Economia

La missione di Valeria Santoro: "liberare" il portafoglio. A partire dalle carte fedeltà

Guida Stocard in Italia: società tedesca che ha sviluppato un'applicazione per smartphone attraverso la quale si possono "digitalizzare" le carte fedeltà per averle sempre con se senza ingombro. Pronta a fare il salto nei pagamenti digitali. "Ho preferito Roma a Milano perché la città si deve ripopolare di aziende innovative"

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Uscire di casa portando con sé soltanto le chiavi e lo smartphone. Senza borse e borselli gonfi di documenti, carte e monete. La mission di "liberare" il portafoglio degli italiani, per digitalizzarlo, è stata intrapresa da Stocard, un'applicazione nata in Germania e lanciata nel 2013 in Italia, dove coinvolge una community di quattro milioni di utenti. E l'ha affidata a Valeria Santoro, country manager per il nostro paese, che su digital e retail la sa lunga.

L'azienda tedesca, che da poco ha ottenuto un finanziamento di 20 milioni di dollari da un gruppo bancario australiano, ha aperto la via al digitale dalle carte fedeltà e quest'anno lancerà il mobile payment, tramite la tecnologia principe nfc, acronimo di near field communication. Nel 2019 passerà alla digitalizzazione dei documenti come carta d'identità e patente.

Benché la sua grande passione per il mare poteva portarla a diventare biologa degli abissi, e poi crescendo abbia cullato il sogno di fare la giornalista, la reporter, l'inviata di guerra, ovunque ci fossero situazioni critiche, Valeria Santoro è diventata esperta di tecnologie. Passando da Google e da Nokia, due giganti dell'informatica. "Esperienze complementari: Google mi ha impostato. Nokia mi ha portato a confrontarmi col mondo reale".

La chiave di tutto è stata l'aver studiato le lingue, inglese, francese e tedesco al liceo linguistico Nazareth di Roma, dove è nata nel marzo del 1975 ed è cresciuta. E dove adesso lavora perché ha scelto che la sede fosse la capitale, perché se è vero che Milano è cosmopolita, Roma ha bisogno di essere ripopolata di attività innovative che aiutino a diffondere competenze tecnologiche all'interno della città. Gli uffici sono nel Talent Garden Poste italiane, nel quartiere Prati, con ambienti di coworking.

Dopo i canonici viaggi post diploma in Inghilterra e Francia nei mesi estivi, la manager si è iscritta alla Sapienza, facoltà di Scienze politiche, indirizzo economico con alcuni esami a Scienze statistiche, "una facoltà che mi offriva una cultura generale, e mi consentiva di tenere insieme le lingue che sapevo essere importanti nella vita e quel tanto di economia. Ho preso 110, ci tenevo tanto, è stato uno degli elementi che mi ha fatto entrare in Google". "Perché a parte i sogni di bambina, poi è la vita che ti plasma e sono le opportunità che si presentano a fare di te quello che sei. Mai avrei pensato che mi sarei specializzata nelle tecnologie". 

Prima di due figlie, Valeria Santoro è partita per gli States, dove a Los Angeles per tre mesi ha perfezionato il suo inglese "perché mio padre imprenditore e mia madre insegnante non hanno mai badato a spese per la nostra istruzione, ci hanno messo a disposizione qualsiasi mezzo e di questo li ringrazio. Non avrei avuto il secondo requisito per entrare in Google".

Mercedes ai tempi di DaimlerChrysler, è stata il suo esordio lavorativo nel dipartimento di marketing on line con uno stage di un anno. "Una parte del master l'avevo fatta sul digitale ma non ci avevo capito molto. Mi sono sbloccata gestendo tutti i mini siti e le attività di marketing che andavano ad alimentare il customer relation management dell'azienda, interno e integrato con tutto ciò che era off line. Dopodiché mi sono appassionata e ho cominciato le selezioni per entrare in Google. Molto, molto dure. Credo di essere stata intervistata da una decina di persone di diverse nazioni e dipartimenti aziendali, ma è un metodo che funziona". A Dublino, head quarter di Google per l'Euro, Valeria Santoro trova un campus in cui è data grandissima importanza alla formazione dell'individuo, tutte le idee ritenute 'scalabili' vengono utilizzate, le persone del team nel dipartimento advertising mostrano un comportamento etico e leale. "Non nego che all'inizio sia stato abbastanza traumatico, presa e portata da Roma nel vento e nella pioggia irlandese di gennaio. Ma pure se in un paese del tutto diverso, si è ricreato un clima domestico. Senza contare la grande famiglia di Google, tutti i colleghi stranieri che ancora sento o incontro. Un'amica che vive a Londra, di cui sono stata testimone di nozze, qualcun altro che è stato il mio migliore consigliere. Ho imparato a lavorare nel rispetto degli altri. Per l'80 per cento ero senior auditors nel settore tech e per il 20 per cento facevo da trait d'union con le linee guida del marketing con l'Italia. Google è un'esperienza che ti cambia, un anno equivale a quattro anni in un'azienda normale, specie allora".

Dal 2005 per due anni la manager lancia la prima Google academy italiana. Accade, intanto, che un collega finlandese le segnali una posizione in Nokia che gli sembra perfetta per lei. "Mi sono incuriosita e durante una notte insonne per una crisi di sinusite aggiorno il curriculum e lo spedisco alla multinazionale finlandese leader nei telefoni wifi. Alle 9 del mattino mi chiamano dalla compagnia per un colloquio in line. Sono stata presa da Nokia a occuparmi del primo app store al mondo, con i suoi siti mobili. Era l'epoca dei wiget, gli antenati delle applicazioni. Ho visto la nascita del protocollo nfc, che consentiva a un telefono di comunicare con le casse di un supermercato semplicemente avvicinandoli, cosa che avviene oggi col pagamento mobile. Ho visto tante cose che non sono state utilizzate come il wimass, il wifi a 50 chilometri, le licenze sono state comprate in attesa di essere commercializzate".

Il ritorno in Italia con Nokia, a Milano, è l'opportunità migliore. "Ho deciso di accettare perché ho pensato fosse l'azienda giusta nel momento giusto. Nokia aveva il 70 per cento di quota di mercato in Italia, era una compagnia leader". Valeria Santoro porta con sé le competenze digitali e di retail, la cultura delle applicazioni, si occupa della formazione interna e esterna ai colleghi. "Parliamo dei primi periodi dell'e-commerce. Nokia era un'industria che costruiva dei telefoni, con una catena di montaggio, non nativa digitale e creatrice di software come Google. Ma mi ha permesso di conoscere la vendita al dettaglio, mi ha insegnato l'approccio al cliente".
Di app in app. Dopo otto anni la manager è approdata a Stocard, l'applicazione che digitalizza tutte le carte di plastica. Stocard conta 4000 dettaglianti al mondo, come Media World, Esselunga, Unieuro, Carrefour, Crai, Sigma, Bennet, Prenatal e Euronics, e consente a migliaia di utenti di raccogliere i propri punti fedeltà on line, accedere alle promozioni e beneficiare di offerte mirate. Col Politecnico di Milano e con Doxa, Valeria Santoro ha condotto una ricerca per capire come fosse composto il portafoglio degli italiani e quali fossero gli elementi più importanti. È emerso che in termini quantitativi sono nell'ordine: i soldi, i documenti di identità e le carte fedeltà. Stocard ha cominciato da queste ultime, meno importanti ma più 'mass market' in termini di numero e di spazio occupato, insomma la parte più ingombrante.

"L'app è semplice ed efficace, apri il telefono e hai tutto. Oggi viene utilizzata da una vasta platea di utenti attivi, di cui il 75 per cento operativi nel mese, misurati da Audiweb di Nielsen. Stocard dà la possibilità di avere disponibili le carte senza perdere più un punto. Il 2018 è l'anno del mobile payment, la tecnologia nfc, spero un domani di poter utilizzare Wimax. I documenti saranno il terzo obiettivo".

Dopo la Germania dove è nata, Olanda, Francia, Australia e Canada, con aperture previste in altri paesi europei, Stocard ha puntato sull'Italia. "Il nostro utente è un responsabile di acquisto, non è il teen ager, ha un'età compresa tra i 18 e i 45 anni, ormai metà donne e metà uomini. Presidiamo i Millennials, siamo una start up leader di mercato incontrastata. Dobbiamo crescere e diventare una scaleup".

"La mia vita privata è molto movimentata. I progetti vanno fatti uno alla volta e bene. Avevo una forte curiosità di vedere quello che succedeva e ho sempre voluto andare avanti. Ho conosciuto persone incredibili. Mi sono concessa tanti viaggi: America, Argentina, Myanmar, e spero di farne ancora, uno in particolare, in Giappone. Ma in tutto questo andare sono stata contornata da tante persone in gamba, i miei amici sono curiosi di tutto, hanno cose interessanti da dirsi. Però ho avuto bisogno di tornare a Roma perché mi mancavano i punti fermi: gli amici, la famiglia. Volevo vedere crescere mio nipote Matteo, che adesso ha quattro anni e mezzo, trovare un equilibrio. Per la mia esigenza di essere indipendente, ho dato ripetizioni, fatto la commessa, la baby sitter, l'hostess, tutto purché non mi togliesse tempo allo studio. Ho lavorato come la cameriera nei pub e nei ristoranti e anche grazie a questo ho saputo tenere relazioni con gli altri, superando così la mia grande timidezza. Cosa che dovrebbero fare tutti i ragazzi che ne soffrono. Ho giocato tanto a pallavolo, mi piace correre e sentire la musica, lavoro ascoltando musica. Amo andare ai concerti, ho mancato Beyoncè a Milano. Ogni viaggio mi ha lasciato amici, esperienze, libri. Faccio fatica a partire senza il mio Mac, mi sembra che siamo in un momento di mezzo, l'intelligenza artificiale non mi spaventa, ci restituirà tempo, il problema è se cominciamo a essere malati, in contemplazione del robot. Ho un pollice verde incredibile per le orchidee. Dieci anni fa hanno cominciato a regalarmene, e io ho imparato come trattarle; le mie preferite sono quelle candide, ne ho tante che hanno occupato un posto inusuale, un bel pezzo della mia cucina perché è un habitat perfetto, fioriscono tanto grandi che sembrano finte e, anche in ufficio, mi hanno trasformato un angolo in un acquario".