l’intervista al nytimes

Tesla, Musk ammette l’anno «più duro» della carriera e la sua poltrona vacilla

di Marco Valsania

Tesla: Musk indagato dalla Sec per Tweet su delisting

3' di lettura

New York - E adesso, Elon Musk? Adesso in forse è la sua stessa poltrona alla guida di Tesla, chief executive e grande azionista. Musk, in un'intervista al New York Times, ha ammesso che l'ultimo anno, tra difficoltà di produzione e performance prima e indagini federali della Sec ora, gli è costato caro sul piano personale e anche della salute. Anche se non dà segno di voler lasciare o anche solo di voler accettare un numero due, un vice che rafforzi il vertice aziendale.

Secondo indiscrezioni il board di Tesla sta considerando di assumere un vice da affiancare a Musk e lo stesso Musk ha ammesso che negli ultimi anni l'azienda aveva avvicinato Sheryl Sandberg di Facebook con un'offerta finita nel nulla. Alcuni osservatori hanno cominciato a dubitare che la leadership di Musk possa resistere e sopravvivere alle polemiche e alle sfide. Il noto critico di Tesla Bob Lutz, ex alto dirigente delle case auto americane compresa Gm, ha dichiarato che «nessun solido investitore» può desiderare oggi Musk al comando del gruppo. In un sintomo del nervosismo il titolo di tesla ha chiuso in ribasso del 9% la seduta di ieri e ha perso il 24% in una decina di giorni.

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«L'anno passato è stato il più difficile e doloroso della mia carriera», ha riassunto Musk al Times, più volte tradendo emozione durante il colloquio. E, ha aggiunto, «se c'è qualcuno che può fare un lavoro migliore del mio, fatemelo sapere. Può cominciare subito».

Nell'intervista Musk difende la correttezza del suo tweet con cui ha parlato del suo progetto di togliere Tesla dal mercato azionario, affermando di averlo spedito mentre si recava all'aeroporto il 7 agosto. ha anche affermato di non avere intenzione di smettere di usare Twitter, come vorrebbero alcuni dei suoi consiglieri. Musk ha anche detto di non prendere droghe, rispondendo a chi sosteneva che i 420 dollari ad azione proposti per ricomprare i titoli Tesla in circolazione e “privatizzarla” erano un riferimento alla marijuana (il numero rappresenterebbe un codice utilizzato per far riferimento allo stupefacente). Infine Musk dichiara che «il peggio sul piano operativo per Tesla è passato», ma che «dal punto di vista personale il peggio deve ancora arrivare».

Di certo la Securities and Exchange Commission non molla la presa. Ha allargato il raggio d'azione delle sue indagini sul leader americano dell'auto elettrica: nel mirino sono finiti anche potenziali inganni agli investitori sui problemi di produzione riscontrati nella sua vettura Model 3. Vale a dire nel primo veicolo “di massa” sfornato dall'azienda di Elon Musk, che dovrebbe trasformarla da gruppo di nicchia a protagonista dell'automotive del futuro. La Model 3 è stato fin dall'inizio perseguitato da ritardi e rinvii di produzione.

Musk e Tesla sono già sotto inchiesta per le comunicazioni “facili” da parte dell'amministratore delegato e azionista di controllo, cioè il tweet dei giorni scorsi che svelava un piano per far uscire la società dalla Borsa. Il ceo aveva affermato che Tesla avrebbe fatto molto meglio a concentrandosi su obiettivi di più lungo respiro, senza obblighi di bilanci trimestrali e trasparenza imposti dalla Sec alle aziende quotate. Il top executive si era anche spinto oltre: aveva assicurato d'aver trovato i capitali necessari a un'operazione complessivamente stimata in almeno 72 miliardi di dollari. E menzionato contatti con fondi sovrani sauditi.

La Sec ha deciso di vederci chiaro, di capire se le affermazioni, in particolare sui finanziamenti, sono veritiere. E se la sua comunicazione di informazioni al mercato, via micro-messaggi, sia da considerarsi adeguata. Ha inviato al proposito richieste formali di consegna di informazioni a tutti i membri del board del gruppo. Il sospetto è che possano emergere violazioni, comprese manipolazioni del titolo salito bruscamente sull'onda degli annunci. Sono ipotesi oggetto anche di ricorsi da parte di alcuni investitori.

Tra i guai di Tesla si è aggiunta nelle ultime ore un'altra denuncia, di un ex dipendente del suo impianto di batterie in Nevada: accusa Tesla di spionaggio ai danni dei lavoratori e persino d'aver ignorato al suo interno lo spaccio di droga da parte di un cartello del narcotraffico messicano.

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