PECHINO - Essere la prima. Anche nello spazio la Cina cerca primati, conferme del suo nuovo status di superpotenza. E se tutto andrà bene a gennaio ne otterrà uno: quello di Pechino sarà il primo programma spaziale a far atterrare un mezzo sul lato oscuro della Luna, sempre nascosto agli ammirati occhi di noi terrestri. Al di là del valore scientifico della missione Chang’e 4, comunque notevole perché ci dirà di più su origini e struttura del satellite, un traguardo dal valore simbolico che Xi Jinping potrà rivendere ai cittadini e al mondo: neppure i sovietici, neppure gli americani erano arrivati lì. E quanto per il regime conti questo grande balzo tra le stelle lo dimostra il posto d’onore riservato a scafandri, razzi e navicelle al Museo Nazionale di Pechino, nella mostra che in questi giorni celebra i 40 anni delle riforme che hanno trasformato il Paese.
La leadership comunista però non ha nessuna intenzione di fermarsi qui. Se una qualità non le manca è la visione lunga, l’unica possibile per dei programmi spaziali, insieme ai capitali per portarla avanti. Dopo questa Chang’e 4, in agenda ci sono già altre missioni per raccogliere e riportare sulla Terra dei campioni di suolo lunare, si inizia perfino a immaginare lo sbarco di un cosmonauta, ovviamente con bandiera rossa al seguito. Ma il prossimo grande obiettivo è mandare in orbita una Stazione spaziale. Il ritardo tecnologico da colmare è ancora ampio, rispetto al Lunga Marcia decollato ieri ci vorranno razzi più capaci e potenti. Eppure di questo passo non sembra impossibile rispettare le date segnate sul calendario: lancio del primo modulo nel 2020, accensione del laboratorio nel 2022. Due anni dopo la Stazione spaziale internazionale, di cui gli Stati Uniti non vogliono più finanziare la manutenzione, andrà in pensione. E a quel punto chiunque volesse fare esperimenti scientifici in orbita dovrebbe bussare a casa Cina. Altro che prima. Lassù nel cielo Pechino potrebbe presto essere l’unica.
La leadership comunista però non ha nessuna intenzione di fermarsi qui. Se una qualità non le manca è la visione lunga, l’unica possibile per dei programmi spaziali, insieme ai capitali per portarla avanti. Dopo questa Chang’e 4, in agenda ci sono già altre missioni per raccogliere e riportare sulla Terra dei campioni di suolo lunare, si inizia perfino a immaginare lo sbarco di un cosmonauta, ovviamente con bandiera rossa al seguito. Ma il prossimo grande obiettivo è mandare in orbita una Stazione spaziale. Il ritardo tecnologico da colmare è ancora ampio, rispetto al Lunga Marcia decollato ieri ci vorranno razzi più capaci e potenti. Eppure di questo passo non sembra impossibile rispettare le date segnate sul calendario: lancio del primo modulo nel 2020, accensione del laboratorio nel 2022. Due anni dopo la Stazione spaziale internazionale, di cui gli Stati Uniti non vogliono più finanziare la manutenzione, andrà in pensione. E a quel punto chiunque volesse fare esperimenti scientifici in orbita dovrebbe bussare a casa Cina. Altro che prima. Lassù nel cielo Pechino potrebbe presto essere l’unica.