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E-commerce, Instagram sfida Amazon (con l’aiuto di PayPal)

di Martina Pennisi

E-commerce, Instagram sfida Amazon (con l’aiuto di PayPal) Instagram Checkout

Stai correndo una maratona, sei in netto vantaggio. Ma sbirciando alle tue spalle, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio, noti il secondo che accelera in modo preoccupante. Ecco: Amazon e Instagram nel commercio elettronico.

Il primo, secondo eMarketer, macinerà nel 2019 il 47 per cento di tutte le vendite online negli States. E nei principali Paesi europei più della metà di chi naviga in Rete è abbonato al suo servizio Prime (l’Italia svetta con il 58 per cento. Fonte: McKinsey).

Il secondo è il punto di riferimento per scoprire nuovi prodotti da acquistare per 130 milioni di persone, quanti cliccano sulle immagini per vedere il marchio degli oggetti o capi ritratti. Pallottoliere alla mano, se ognuno comprasse quello su cui si è soffermato per un totale di 200 dollari all’anno, Instagram entrerebbe nella classifica dei primi cinque venditori online degli Stati Uniti. Ma non è solo una questione di dimensioni: l’app, che secondo i piani della casa madre Facebook verrà unificata alla base (tecnologica) con Messenger e Whatsapp, riesce a stimolare una propensione all’acquisto d’impulso che Amazon deve ancora intercettare.

Come confermano i dati di Feedvistor, il colosso di Jeff Bezos è insuperabile quando si sta cercando qualcosa di preciso: il 74 per cento degli americani lo interroga quando ha già in mente un prodotto specifico. Se si è alla ricerca di idee, Amazon non si distingue altrettanto bene. Effettivamente, anche durante le super campagne sconto come il Black friday è difficile imbattersi in qualcosa che colpisca l’occhio e quella parte di cervello pronta a spalancare il portafoglio in pochi secondi.

Fra influencer, post glitterati e la rappresentazione di una realtà quasi onirica, Instagram è l’opposto: scrolli e scopri di volere qualcosa che fino a qualche minuto prima non sapevi che esistesse. Per convertire questa capacità in denaro sonante e contribuire alle casse di Menlo Park oltre il 15 per cento attuale (dei ricavi pubblicitari della casa madre che arriva dall’app), Mark Zuckerberg si è affidato a PayPal.

Strategia interessante: è noto come in futuro, con la criptovaluta a cui sta lavorando il team di David Marcus, ex presidente di PayPal, Facebook voglia far transitare il denaro in autonomia. Per ora (e probabilmente ancora per un bel po’), accetta di cedere qualcosa in commissioni e si appoggia a una realtà consolidata. Dentro Instagram Checkout, il primo passo dell’iconcina di foto nel commercio elettronico, attivo per ora solo negli Usa con 20 aziende, PayPal funzionerà sia come piattaforma sottostante a tutte le transazioni — fatte anche con carte Visa, Mastercard, American Express e Discover — sia come metodo di pagamento vero e proprio.

I dettagli sulla relazione (economica) fra le due aziende non sono stati resi noti. Di sicuro c’è che per l’applicazione di Zuckerberg la vendita diretta diventa una carta da giocare anche al tavolo delle contrattazioni con gli inserzionisti (più investi, più ti vedono, più — magari — vendi), sperando che la piega sempre più commerciale non indispettisca il miliardo di iscritti.

Poi, c’è un certo Amazon a cui (iniziare a) dare fastidio.

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