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In Europa il gas scaccia il carbone dalle centrali elettriche

Emettere CO2 costa sempre più caro, mentre il prezzo del gas è crollato ai minimi da 15 anni. Risultato: per l’intero 2019 la generazione a carbone è stata svantaggiosa dal punto di vista economico (oltre che ambientale). E ha perso terreno, con una rapidità senza precedenti

di Sissi Bellomo

3' di lettura

In nome dell’ambiente. E ora anche dell’economia. Il ruolo del carbone nella generazione elettrica sta tramontando a una velocità senza precedenti in Europa: scacciato dalle rinnovabili, ma anche dall’avanzata del gas, che per tutto il 2019 si è dimostrato una soluzione più economica per alimentare le centrali. Era dai tempi della Grande recessione, dieci anni fa, che il vantaggio non si manteneva per un periodo così lungo.

La svolta è stato il rally dei diritti per l’emissione di CO2, il cui prezzo è salito stabilmente sopra 20 euro per tonnellata, spingendosi fino a sfiorare 29 € l’estate scorsa. Allo stesso tempo l’eccesso di gas sul mercato, figlio soprattutto dell’enorme aumento della produzione negli Stati Uniti, ne ha fatto crollare le valutazioni: sul principale hub europeo, il Ttf olandese, il prezzo medio è sceso del 40%, a 13,50 €/MWh, il minimo da 15 anni.

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Le centrali a gas sono diventate più competitive di quelle a carbone e persino di quelle a lignite durante l’estate, fa notare Greg Molnár, analista dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie). Risultato: nel Vecchio continente per la prima volta dal 2009 c’è stato un significativo passaggio da una fonte all’altra.

Molnár, in base a dati ancora preliminari, stima che la generazione a carbone l’anno scorso sia diminuita del 24%, mentre quella a gas sia aumentata dell’11%: uno switch da 65 Terawattora, che equivale a un taglio della CO2 di ben 42 milioni di tonnellate, pari a quasi la metà delle emissioni dell’Italia.

La tendenza dovrebbe proseguire. Wood Mackenzie prevede che quest’anno il prezzo medio del gas al Ttf scivolerà ancora più in basso, a 11,65 €/MWh, sull’onda di un ulteriore aumento dell’offerta di Gnl: la capacità produttiva globale, secondo la società di consulenza, salirà del 7%, ossia di 26 milioni di tonnellate l’anno, di cui l’80% negli Usa e il resto in Australia. Gran parte del gas americano continuerà a riversarsi in Europa, dove gli stoccaggi sono a livelli storicamente elevati: un ulteriore elemento di pressione sui prezzi.

Allo stesso tempo, lo svantaggio del carbone dovrebbe aumentare: il suo prezzo – anch’esso crollato del 40% in Europa l’anno scorso – sta risalendo e molti analisti ritengono che il rimbalzo proseguirà nei prossimi mesi, visto che le difficoltà finanziarie di molti produttori minerari hanno ridutto l’offerta.

Il trionfo del gas sul carbone è un fenomeno ancora più evidente negli Stati Uniti, patria dello shale gas, così abbondante da registrare prezzi negativi in alcune aree del Paese. Nel 2019 lo switch negli Usa è stato di 75 TWh, afferma Molnár dell’Aie. Ed è proprio per questo, oltre che per la crescente penetrazione delle rinnovabili, che Washington può vantare una riduzione delle emissioni di CO2 (-2,1% nel 2019, secondo l’Eia).

Il consumo di carbone nelle centrali di Europa e Usa è «affondato a livelli che non si vedevano da decenni», afferma l’Aie. Il crollo è stato così grande l’anno scorso da compensare il maggiore impiego del combustibile in alcune regioni dell’Asia: grazie anche a un rallentamento in India (legato a motivi economici) la generazione a carbone ha registrato a livello globale una contrazione record del 2,5%, pari a 250 TWh. In pratica è come se l’Australia avesse avuto un blackout lungo un anno.

Anche nella virtuosa Europa resta comunque molta strada da fare per completare la transizione energetica. I derivati del petrolio dominano ancora nel settore dei trasporti e nella petrolchimica. E un quarto dell’energia elettrica è tuttora ricavata dal carbone, una fonte superata solo dal nucleare (che è al 28%). Nella generazione il gas era al terzo posto nel 2019 con una quota del 18,2% secondo uno studio di EnAppSys, società di consulenza britannica.

Le fonti rinnovabili hanno superato quelle fossili, afferma lo studio: le prime hanno fornito il 37,5% dell’elettricità (1029,1 TWh), le seconde il 34,3% ossia 941,3 TWh, mentre il resto è arrivato dal nucleare (777 TWh). Ma il sorpasso è avvenuto soprattutto grazie al declino del carbone, circostanza che rende più pulita la generazione fossile, come fa notare EnAppSys, ma che non rappresenta una vera svolta “green”.

La maggior parte dell’energia verde deriva tuttora dagli impianti idroelettrici, al 15,5% del mix europeo. L’eolico, che ha fatto grandi passi avanti, è al 13,9%. Il solare è appena al 4,1%.

Per approfondire:
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Germania, accordo tra Governo e Länder per eliminare il carbone Meno carbone, così nel 2019 l'Italia frena le emissioni di C O2

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