l’ipotesi sul tavolo

Aspi in un nuovo fondo con F2i. L’ultima via per uscire dall’impasse

Atlantia pronta a conferire la società in un veicolo. Il nodo politico resta il prezzo

di Marigia Mangano

(IMAGOECONOMICA)

3' di lettura

Trasformare Atlantia da azionista a semplice quotista di un nuovo fondo, gestito da un soggetto terzo, in cui far confluire Autostrade per l’Italia insieme ad altri asset.

Sarebbe questa la strada che, secondo indiscrezioni, advisor e banche d’affari stanno studiando per presentare al Governo una soluzione capace di scongiurare la strada della revoca. Il piano, che vede coinvolte alcune banche d’affari di primo piano tra cui Jp Morgan e Goldman Sachs, punta alla creazione di un fondo nuovo di zecca in cui il gruppo controllato dalla famiglia Benetton conferirebbe il controllo della partecipata Aspi. Contestualmente anche F2i trasferirebbe al nuovo contenitore una serie di asset infrastrutturali, partendo dagli asset aeroportuali fino alle quote già in suo possesso in tratte autostradali, in cambio di quote del nuovo fondo infrastrutturale.

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L’ipotesi di un “fondo Aspi”, secondo quanto si apprende, sarebbe al momento quella che raccoglierebbe più gradimento negli ambienti finanziari e politici e nelle ultime settimane avrebbe preso più consistenza in quanto capace di fornire una soluzione concreta alla prima condizione che la politica, partendo dai 5 Stelle, ha posto per evitare la revoca della concessioni: l’impegno di Atlantia e della famiglia Benetton a uscire definitivamente di scena.

Nel dettaglio, il piano “fondo Aspi”, si osserva, sarebbe a costo zero per lo Stato. Ma è solo uno dei punti di forza, secondo alcune fonti, che potrebbero in qualche modo tentare di ammorbidire le posizioni del Governo Conte.

Il primo, evidentemente, è l’uscita effettiva di Atlantia dalla gestione di Aspi. Separare i destini di Autostrade per l’Italia da Atlantia è stato uno dei principali terreni di scontro con la politica subito dopo la tragedia del Ponte Morandi. Sul tavolo diverse soluzioni sono state via via prese in considerazione, ma l’unica che avrebbe di fatto raggiunto l’obiettivo era rappresentata dalla scissione di Aspi dalla stessa Atlantia. Portare direttamente sotto Edizione la partecipazione della società delle concessioni aveva il vantaggio di poter avviare, in seconda battuta, la procedura per l’ingresso di investitori istituzionali come F2i o Cdp, capaci di ridimensionare fino a un progressivo disimpegno la famiglia di Ponzano Veneto dal business delle autostrade in Italia. Tuttavia lo schema dello scorporo, secondo alcuni osservatori gradito alla Cdp, ha presentato fin da subito alcune problematiche finanziarie. L’operazione, infatti, avrebbe potuto prendere forma in tempi troppo lunghi, almeno due anni, che non si conciliavano con i tempi stretti dell’accordo politico su cui si sta lavorando.

Il secondo punto di forza di questo schema è che non ci sarebbero “padroni” di Aspi, ma gestori che comunque non coinciderebbero con Atlantia. Senza contare che finanziariamente la strada sarebbe più agevole rispetto allo scorporo e per lo Stato non comporterebbe alcun esborso.

È evidente, però, che l’intero castello cade automaticamente se non si raggiunge un accordo con la politica, forte dell’arma della revoca prevista nel Milleproroghe che ha incassato la fiducia alla Camera mercoledì scorso. Creare un nuovo fondo con gli asset di Atlantia e F2i presuppone una valutazione di Aspi congrua che non sconti il pesante rischio della revoca: è questo il passaggio in cui la trattativa politica e quella economica, per ora due rette parallele, dovranno prima o poi incontrarsi per raggiungere un esito definitivo.

La partita, dunque, sarà evidentemente decisa a livello di Governo. E presuppone come punto chiave che la concessione venga mantenuta in capo ad Aspi, con la garanzia che la controllata autostradale non faccia più capo alla lunga catena societaria che fa capo a Edizione.

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