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Valerio Battista: Prysmian corre sui corridoi tedeschi dell’alta tensione

di Stefano Righi

Valerio Battista: Prysmian corre sui corridoi tedeschi dell'alta tensione

Oggi si riapre. «Questa mattina, finalmente, torneremo ad aprire gli uffici del nostro quartier generale di Milano — dice Valerio Battista, amministratore delegato di Prysmian, uno dei leader mondiali nella produzione di cavi ad alta tecnologia —. Settecento persone torneranno gradualmente al lavoro. Sono stati mesi difficili, ma siamo riusciti ad andare avanti: abbiamo gestito da remoto un’azienda che ha 30 mila dipendenti sparsi in 112 sedi in tutto il mondo. Soprattutto, non abbiamo avuto vittime. In totale 42 contagiati, due soli in Italia e nel periodo precedente al lockdown, nessuno in Cina. Il numero maggiore, 24, negli Stati Uniti. Adesso siamo pronti a ripartire e lo faremo in bicicletta. I dipendenti dell’headquarter di Milano ce l’hanno chiesto: così a chi vorrà acquistare una ebike, si affiancherà l’azienda con un contributo superiore al 50 per cento. È un segnale di fiducia e di concreta vicinanza alla nostra gente. Mercoledì scorso, il giorno dopo la presentazione dei risultati trimestrali, abbiamo riunito in una web conference i 700 dipendenti della sede centrale della Bicocca. Io non sono uno da convention, ma i dipendenti hanno diritto di sapere cosa sta succedendo nell’azienda in cui lavorano, era doveroso informarli. Così adesso, da oggi, possiamo ripartire tutti con le idee più chiare, eravamo chiusi dalla fine di febbraio: ora ci sarà una settimana in ufficio e due in smartworking per tutti a rotazione, rispettando tutte le precauzioni del caso».

Un’importante iniezione di fiducia è arrivata la scorsa settimana. Prysmian ha vinto il secondo contratto in Germania per la realizzazione di una rete elettrica ad alto voltaggio, interamente interrata. Dopo il progetto SuedOstLink da 1.100 chilometri di cavi, è arrivato l’appalto per la tratta A-Nord di 1.280 chilometri, entrambi al 50 per cento, con due partner diversi, un danese e un giapponese.

Prospettive

Nel complesso, si tratta per Prysmiam di un controvalore da un miliardo di euro: 7 anni di lavoro. A cui potrebbe aggiungersi anche una tranche attorno al 20 per cento nel progetto SuedLink da 2.750 chilometri, che l’operatore di rete tedesco Tennet Tso assegnerà entro la fine di maggio. Al momento, i cavi di Prysmian trasporteranno energia elettrica ad alto voltaggio (525 mila volts) per circa 1.380 chilometri.

«È la dimostrazione della grande capacità tecnologica di Prysmian — evidenzia Battista —. La Germania ha fatto una scelta coraggiosa, ha voluto abbattere le emissioni di Co2, puntando a lasciare un importante asset di sostenibilità ai nostri figli e per far questo ha deciso di abbandonare le centrali a carbone. Deve però portare l’energia eolica generata nel mare del Nord fino alle proprie città e anche in questo caso ha fatto una scelta controcorrente due anni fa, decidendo che tutti i cavi di trasmissione ad alta tensione andavano interrati, non solamente vicino alle città. Così è iniziato questo progetto che prevede, in tre tranche, linee di altissima tensione, extra high voltage, da 525 mila volt, che verranno totalmente interrate e per il quale abbiamo fin qui vinto due commesse importanti».

Il peggio sembra alle spalle. E appare lontanissima quella mattina in cui arrivò la notizia che lo stabilimento di Wuhan chiudeva per la pandemia. «Noi in Cina abbiamo nove stabilimenti — sottolinea Battista — e nessuno di questi è mai stato chiuso. Ma a Wuhan abbiamo una partecipazione finanziaria, che abbiamo acquisito nel momento in cui abbiamo comperato Draka, in un impianto controllato dalla Yofc e questo sì, è stato chiuso, con un blocco della produzione che da metà gennaio si è protratto fino a fine marzo. Quella mattina abbiamo capito la gravità della situazione e anche se il nostro stabilimento più vicino a Wuhan è a 200 chilometri ci siamo subito mossi per tutelare le nostre persone in ogni parte del mondo. Il coronavirus ha già avuto un impatto sulla nostra trimestrale, ma per fortuna la nostra esposizione sul mercato cinese è limitata»

Impatto frazionale

Prysmian fattura in Cina circa 300 milioni di euro, su un totale di 11 miliardi di giro d’affari nell’intero 2019. Un impatto frazionale sul business del gruppo italiano. Ma è indubbio che le prospettive tratteggiate dalla pandemia in corso deprimono l’economia. Gli investimenti in infrastrutture, anche quelle tecnologiche, sono sulla bocca di tutti, ma le evidenze di mercato raccontano un’altra storia. Nella seconda metà del 2019 la domanda di fibra ottica, in Italia, è diminuita.

«Io abito a Cavriglia — dice Battista — a 10 chilometri dal casello autostradale di Valdarno, sulla A1, l’infrastruttura autostradale più lunga e importante del Paese. Bene, a casa mia la fibra ottica semplicemente non arriva. Non c’è. Mi collego alla rete grazie a una scheda 4G che funziona bene, ma la fibra ottica non è disponibile. È chiaro che c’è un problema di costi e che le telecom stanno scoprendo la difficoltà di sostenere nel tempo un modello di business che ha margini sempre più ridotti. Ma è anche chiaro che esistono nel Paese, al di fuori dei centri urbani, delle oggettive carenze infrastrutturali».

Ripartenza

Il modo in cui ripartire è al centro della discussione. Al di là di tutte le precauzioni di natura sanitaria. «I sussidi pubblici — sottolinea Battista — sono importantissimi nel breve periodo. Servono a tamponare una situazione di emergenza. Ma alla lunga non sono evidentemente sostenibili. Per cui, passata l’emergenza, è necessario focalizzarsi sugli interventi che possano costruire i presupposti per creare ricchezza, per avere autonomamente disponibilità economica. È questa la prossima partita, la più importante. Questa crisi pesantissima ci ha già insegnato molte cose. La più pratica e trasversale è lo smartworking: la cosa funziona, lavorare a distanza si può. Anche se, ce ne siamo resi conto tutti, non esistono più il sabato o la domenica, la mattina o la sera. In Prysmian, durante le ultime settimane abbiamo istituzionalizzato un Management team meeting. Prima era solo per i manager presenti fisicamente il lunedì mattina a Milano, un modo per iniziare coralmente la settimana, per individuare le strade da percorrere. Ora lo abbiamo spostato alle 13 e coinvolgiamo i responsabili dei vari business e dei vari Paesi. Lo facciamo a quell’ora per permettere a tutti di partecipare, dall’Asia all’Australia, fino alle Americhe. Siamo una trentina di persone. Credo che da meeting d’emergenza diventerà stabile: mi permette di avere la visione di tutto il gruppo in un colpo solo. È una cosa, semplice, pratica, che la crisi ci ha insegnato». Chissà quante altre sono possibili.

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