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Atlantia, la famiglia Benetton è pronta al passo indietro, a condizioni di mercato

La holding Edizioni disposta a cedere il controllo purché questo risponda a una logica industriale e in prospettiva porti valore a tutti gli stakeholders coinvolti.

di Laura Galvagni

(Ansa)

2' di lettura

Edizione non ha mai fatto del concetto di controllo una bandiera. In passato, anche in quello più recente, ha messo sul piatto il proprio ruolo di azionista di maggioranza di Atlantia e a cascata di Autostrade per l’Italia con l’obiettivo di superare l’impasse venutasi a creare attorno al tema della revoca della concessione ad Aspi. Oggi come allora la holding della famiglia Benetton è pronta a fare un passo indietro purché questo risponda a una logica industriale e in prospettiva porti valore a tutti gli stakeholders coinvolti.

Questa è la linea assunta da Ponzano Veneto, secondo fonti vicine al dossier. Linea nota ma rilanciata nelle ultime ore per mandare un messaggio chiaro al governo ora che l’esecutivo ha ripreso in mano il dossier “revoca” e punta a chiuderlo a stretto giro: Aspi e Atlantia sono pronte a venire incontro alle pretese politiche purché le richieste permettano di preservare l’equilibrio economico e finanziario delle due realtà e nel ridisegnare l’assetto azionario si accantoni qualsiasi velleità di “esproprio” o “nazionalizzazione mascherata” degli asset. In altre parole Atlantia è disposta a scendere sotto il 50% di Autostrade vendendo fino al 60% della compagnia ma solo nel caso in cui questo avvenga attraverso un’operazione di mercato. Lo stesso vale per Edizione che, come peraltro era già stato ventilato in passato, potrebbe ridurre la propria quota nella holding, ora al 30%, favorendo l’ingresso di un investitore, nei mesi scorsi si era parlato di Cdp e non è detto che quell’ipotesi non possa essere rispolverata. Quel che preme è che sia su Aspi sia su Atlantia, a prescindere da quale possa essere l’interlocutore finale, si tratti di un soggetto strategico che abbia interesse industriale e valuti l’asset secondo canoni ordinari e non da saldi di fine stagione. Per capirci, non è pensabile che Autostrade venga valutata meno del debito che ha in pancia, ossia circa 10 miliardi. Se così fosse di fatto la società sarebbe automaticamente in default, almeno sulla carta, e non si tutelerebbero gli azionisti delle aziende coinvolte.

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Ecco perché tassello centrale dell’intera trattativa, una volta chiarito lo sforzo sulla riduzione delle tariffe e sulla mole degli investimenti, è lo schema con il quale si procederà al riassetto della compagine azionaria. Se per Aspi F2i ha ribadito nei giorni scorsi la volontà di restare soggetto attivo e di essere pronto a procedere con un’operazione che vede il fondo promotore schierato in prima fila, su Atlantia l’eventuale manovra è tutto da definire. Dall’ipotesi di un ingresso di Cdp nel capitale a quella, che tuttavia forse risulterebbe meno gradita al governo, della comparsa di un investitore internazionale (Vinci?) con cui definire un nuovo progetto strategico. Il tutto rispettando le logiche del mercato.

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