Finanza

L’Offerta di Intesa su Ubi. Da oggi tocca solo agli azionisti

di Stefano Righi

L'Offerta di Intesa su Ubi. Da oggi tocca solo agli azionisti

Da questa mattina e fino a martedì 28 luglio gli azionisti di Ubi possono consegnare, tramite la loro banca, le azioni con cui intendono aderire all’Offerta pubblica di scambio lanciata da Intesa Sanpaolo sull’istituto presieduto da Letizia Brichetto Moratti. Non riceveranno denaro in cambio, bensì titoli Intesa in rapporto di 17 azioni della banca presieduta da Gian Maria Gros-Pietro, ogni 10 azioni Ubi consegnate.

L’esperienza insegna che, delle tre settimane abbondanti di Borsa aperta in cui si articola l’offerta (17 giorni lavorativi) ,è l’ultima a contare. Dovrebbe accadere lo stesso in questa occasione, tanto più che l’Offerta è subordinata all’ottenimento del via libera da parte dell’Autorità di garanzia della concorrenza e del mercato (Agcm), ovvero l’Antitrust, che dovrebbe rendere pubblica la propria posizione alla vigilia dell’ultima settimana di Offerta. In tempo quindi per permettere all’azionista di valutare compiutamente i pro e i contro di quanto gli è stato proposto.

Venerdì scorso, dopo 4 mesi e mezzo di silenzio obbligato, il consiglio di amministrazione di Ubi ha prima aggiornato il piano industriale alla luce della pandemia da Covid-19 e poi si è potuto esprimere sull’Offerta. Lo ha fatto rigettando decisamente e all’unanimità la proposta del 17 febbraio e «tenuto anche conto dei rischi e delle incertezze evidenziati da Intesa Sanpaolo nella documentazione sull’offerta, ritiene che l’Ops, non concordata con l’emittente, non sia conveniente per gli azionisti di Ubi Banca». Non poteva essere diversamente e lo ha detto chiaramente la presidente di Ubi, Letizia Moratti, evidenziando la natura «non concordata» e quindi ostile dell’offerta.

Le ragioni di Ubi sono sintetizzate in un documento di 130 pagine, che per brevità possiamo riassumere in sei punti. Anzitutto, la totale assenza di una contropartita in contanti alle azioni Ubi apportate all’offerta, il che «pone a carico degli azionisti di Ubi i rischi connessi al raggiungimento degli obiettivi strategici dell’operazione definiti da Intesa. Il corrispettivo – rappresentato da un rapporto di cambio tra azioni Ubi e azioni Intesa – non remunera adeguatamente tali rischi e, inoltre, comporta un’allocazione del valore e delle sinergie molto più favorevole agli attuali azionisti di Intesa», scrive Ubi.

No cash

Poi, c’è il corrispettivo, che «esprime una valorizzazione di Ubi che non riflette il suo reale valore e penalizza gli azionisti di Ubi rispetto agli azionisti di Intesa». Vengono anche sottovalutate le «elevate potenzialità di crescita di valore (delle azioni Ubi, nda), tenendo anche conto delle prospettive di crescita su base stand-alone di Ubi rappresentate dai target del piano industriale aggiornato, della sua solidità patrimoniale e della sua posizione di player di rilievo in grado di rivestire un ruolo chiave nel processo di consolidamento nel contesto bancario del Paese». Inoltre, «la possibilità per l’offerente di conseguire gli obiettivi strategici dell’operazione è incerta, in quanto condizionata da plurimi e concorrenti fattori, evidenziati dalla stessa Intesa nel Documento di registrazione». Ancora, «gli azionisti di Ubi che non dovessero aderire all’Ops sarebbero comunque tutelati dai presidi previsti dalla normativa» e, infine, «l’Offerta si inserisce in un più ampio disegno strategico, volto a rafforzare la posizione di Intesa in Italia attraverso l’eliminazione di un concorrente, senza in realtà modificare il posizionamento europeo di Intesa. L’Ops – scrive Ubi – è controproducente anche per gli stakeholder di Ubi in quanto consentirebbe a Intesa di creare una posizione di leadership dominante in Italia, anomala tra i grandi Paesi europei e potenzialmente dannosa per il tessuto economico e sociale dei territori in cui opera Ubi Banca».

Le carte ora sono sul tavolo. Al di là delle legittime strategie di attacco e di difesa, in questo gioco di ruolo assumono importanza preventiva le dichiarazioni sui rischi dell’operazione. Se da un lato davanti all’Agcm sono già state evidenziate alcune criticità, su tutte un’offerta che registri risposte comprese tra il 50 per cento più una azione e il 66,7 per cento del capitale, dall’altro la politica dei dividendi promessi, che è la parte golosa dell’Ops, va vagliata alla luce degli effetti della pandemia da Covid-19. Lo si evidenzia anche nel Documento di registrazione, dove al di là delle incertezze di mercato si sottolinea che la Bce potrebbe estendere oltre il 1° ottobre 2020 la raccomandazione a non distribuire dividendi e riserve. Un’eventualità ad «alta» probabilità di realizzazione.

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