dopo la grande acquisizione dell’estate

Intesa con Ubi, ecco il campione. Ma le altre devono pensare a crescere

di Stefano Righi

Intesa con Ubi, ecco il campione. Ma le altre devono pensare a crescere

Carlo Messina, amministratore delegato del gruppo Intesa Sanpaolo
Carlo Messina, amministratore delegato del gruppo Intesa Sanpaolo

Alla fine, aveva ragione Enzo Jannacci: quando si dice che è per principio, è per i soldi. Così, pattisti agguerriti, fondazioni votate al territorio e assicuratori de-patrimonializzati si sono inchinati ai 57 centesimi offerti magnanimamente da Intesa Sanpaolo e hanno consegnato le loro azioni Ubi, aprendo le porte a un’adesione che ha superato il 90 per cento del capitale. Il risultato è un successo personale di Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa e fautore dell’operazione. Ha giocato una partita senza sbavature, facendo tutto quello che era necessario per vincere. Anche cambiando idea, dato che anche quello serve, come è accaduto con il ritocco all’offerta giunto nel momento di maggior difficoltà della controparte, perché è così che bisogna fare pur di vincere una partita in cui si è investito tanto.

Settimana calda

Victor Massiah, consigliere delegato del gruppo Ubi, fino a lunedì 3 agosto 2020
Victor Massiah, consigliere delegato del gruppo Ubi, fino a lunedì 3 agosto 2020

Il risultato non lascia spazio a interpretazioni. La rotonda percentuale di adesione all’offerta evita il rischio di ingovernabilità che si sarebbe concretizzato con una adesione tra il 50 e il 66,7 per cento. Così invece Intesa può procedere fin da ora con il piano di integrazione e vendita. Novità potrebbero concretizzarsi già in settimana. Il percorso è segnato. Questo pomeriggio (lunedì 3 agosto, nda) Ubi presenterà i risultati della semestrale, l’ultima firmata dal consigliere delegato Victor Massiah, che potrebbe decidere contestualmente di fare un passo indietro (come in effetti ha fatto, dimettendosi, nda), evitando di suonare il blues del banchiere abbandonato e lasciando il timone nelle mani di un uomo di Intesa (Gaetano Micciché, nda), che traghetti Ubi fino alla prossima assemblea, quando il consiglio di amministrazione sarà rinnovato sulla scorta del nuovo assetto proprietario.

Alessandro Vandelli, amministratore delegato di Bper Banca
Alessandro Vandelli, amministratore delegato di Bper Banca

Intesa, prima banca italiana, incrementa il vantaggio sull’altra big, Unicredit e aumenta di dimensione scegliendo la più solida e promettente tra le concorrenti. E sono proprio le promesse ad aver tradito Ubi: molti i progetti, l’ultimo tavolo a novembre per trovare un accordo con Bper e nessun passo in avanti, fino a quando è diventato troppo tardi. Da questa operazione la geografia nazionale del credito esce mutata, ma non complessivamente rafforzata. Se Intesa fa un ulteriore passo in avanti, alle sue spalle cresce Bper, che a fine anno aumenterà di circa il 40 per cento il numero delle proprie agenzie. Una crescita prepotente, che vedrà l’ex Popolare dell’Emilia-Romagna passare dai 1.350 sportelli dello scorso 31 dicembre ai 1.873 del prossimo, con una presenza importante nelle zone più ricche del Paese. Sarà una grande sfida manageriale per Alessandro Vandelli, l’amministratore delegato che con questa operazione fa di Modena il terzo centro creditizio d’Italia.

Interventi pubblici

Guido Bastianini, amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena
Guido Bastianini, amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena

L’articolata operazione voluta da Carlo Messina e disegnata da Mediobanca non risolve però le difficoltà del settore. Rappresenta un passo in avanti per Ca’ de Sass, ma alle sue spalle i problemi restano e sono evidenti. Mentre Unicredit sembra aver abdicato a qualsiasi ruolo nel riassetto del settore, chiamandosi fuori anche recentemente, le partite che restano aperte sono almeno tre e nessuna di queste prospetta una soluzione semplice. Il tavolo più importante è a Siena, dove il Monte dei Paschi, che ha appena nominato Guido Bastianini amministratore delegato, deve trovare una dignitosa e non troppo onerosa via d’uscita per il governo italiano, oggi impegnato nella banca senese per il 68 per cento del capitale. Gli accordi con le autorità europee impongono l’uscita entro 17 mesi: è possibile che la pandemia allunghi i termini, ma una soluzione va trovata. A frenare gli acquirenti è il carico pendente ereditato dal passato ed è qui che si attende una decisione politica, come in altri casi.

Non meno complessa è la situazione di Bari, dove la Popolare gestita per mezzo secolo dalla famiglia Jacobini resta oggi in piedi solo per la doppia iniezione di denaro effettuata dal Fondo Interbancario, ovvero il consorzio delle altre banche italiane e dal Mediocredito Centrale, che ha evitato il crac. La recente trasformazione in Spa apre al futuro, ma non sarà prossimo. Al di là della propaganda, che la descrive come una nuova banca decisiva per il rilancio del Mezzogiorno, la Popolare di Bari è ancora in difficoltà, soprattutto ha visto incrinarsi il rapporto fiduciario con buona parte della propria clientela, proprio come era avvenuto fino a cinque anni fa con Veneto Banca e la Popolare di Vicenza.

Meno complessa la situazione a Genova, dove in questi ultimi anni hanno mostrato una certa capacità nel costruire su macerie. Ma Carige continua a faticare e non riesce a trovare un partner capace di garantire un futuro allineato con le ambizioni del passato. Ora è il momento della holding delle casse rurali: Cassa Rurale Banca avrà tempo fino al 31 dicembre 2021 per aumentare la propria quota nel capitale dela banca ligure. Il titolo è sospeso in Borsa da 19 mesi e la navigazione continua a essere a vista.

Bastano queste tre banche per riportare rapidamente con i piedi a terra un settore che l’acquisizione di Ubi da parte di Intesa vorrebbe lanciare verso traguardi europei. Sono tre nodi da sciogliere. I più stretti, non gli unici.

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