Economia

Dall'ufficio al salotto: con lo smart working rischio tsunami per il mercato immobiliare

Mentre il governo tedesco si prepara a introdurre l'obbligo per l'aziende a concedere il lavoro agile a chi lo richiede, uno studio Deutsche Bank mette in guardia: il massiccio travaso di lavoratori verso le abitazioni potrebbe avere pesanti ripercussioni sul settore edilizio. Ma la maxi trasformazione potrebbe anche rivelarsi conveniente per lavoratori e imprese
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Quarantena o no, lo smart working è qui per restare, assicurano sociologi e, soprattutto, capi del personale. Bisognerà, dunque, misurarne le conseguenze, una volta smaltita l'ebbrezza di lavorare in mutande dal salotto, piuttosto che con la giacca, dietro una pianta finta, in ufficio. Come, dove, chi paga? Sono domande ancora senza risposta. Eppure, si prospetta una rivoluzione della vita quotidiana dalle conseguenze in buona misura inaspettate e imprevedibili, molte buone, per lavoratori e imprese, altre pessime, come lo spettro di un collasso finanziario, con crisi bancarie a catena. Bum, possibile? Dipende, dice una ricerca della Deutsche Bank.

L'altra faccia della medaglia dello smart working, infatti, è lo spazio. Spazio vitale, come abbiamo visto: trasferire il lavoro dall'ufficio a casa apre le porte (letteralmente) ad una rivoluzione inevitabile. Architettonico-immobiliare, per prima cosa. Torna prepotentemente alla ribalta il corridoio, sacrificato, negli ultimi decenni, per armadi e spazi-lavatrice. Molto avrebbe fatto comodo un corridoio al giornalista spagnolo che snocciolava, di prima mattina, gli ultimi dati sul virus in diretta dal salotto, mentre sullo sfondo passava, con il vassoio della colazione in mano, una giovane donna, vestita solo con il reggiseno, risultata non essere la sua compagna ufficiale. E anche all'economista italiana, presa dai dati Istat sul Pil, mentre sul letto alle sue spalle si agitava rumorosamente il compagno profondamente addormentato. Almeno un vano in più per lavorare, perbacco.

Il problema rischia di esplodere rumorosamente il mese prossimo, quando il ministro del Lavoro tedesco illustrerà la sua proposta, che rende obbligatorio consentire ad un lavoratore di lavorare da casa, se lo chiede. Per il mercato immobiliare, dice Deutsche Bank, è un terremoto. Metà dei tedeschi lavorano in ufficio. Se anche solo la metà di loro chiedesse di lavorare da casa due giorni a settimana, la domanda di spazi per ufficio sul mercato edilizio tedesco si ridurrebbe del 13 per cento, 2,4 milioni di metri quadri in meno, quando normalmente cresce di un milione di metri quadri l'anno. Una brusca paralisi in un settore in cui sono in gioco corposi interessi di banche e imprese, che potrebbero traballare. Mentre il trasferimento della domanda di spazio dall'edilizia commerciale a quella residenziale determinerebbe una brusca, rovente impennata dei prezzi.

In realtà, questa galoppante inflazione immobiliare, forse, non ci sarebbe se la definizione di lavoro che darà il ministero sarà "lavoro mobile", in cui è il singolo lavoratore a fornire pc e Internet. Ma, secondo le indiscrezioni, il governo tedesco pare puntare alla definizione giuridica di "telelavoro": in questo caso, è l'impresa a dover fornire mezzi e, crucialmente, spazi. Quanto meno un vano di 12 metri quadri, che è il minimo di legge per uno spazio di lavoro. Il risultato sarebbe una gigantesca, quanto largamente problematica, riconversione edilizia: occorrerebbero 100 milioni di metri quadri in più per le case, mentre risulterebbero superflui 180 milioni di metri quadri uso ufficio.

Una trasmigrazione biblica, dagli uffici alle case, meno impensabile, forse, in Germania, dove le persone vivono per lo più in affitto, che in Italia, con le sue case di proprietà. E che, però - dice Deutsche Bank - potrebbe risultare, alla lunga, economicamente conveniente: per i lavoratori, che si trovano una casa più grande, ma anche per le imprese. A tre condizioni: l'ufficio che si abbandona deve essere in centro, la casa più grande in periferia e la città in cui tutto avviene deve essere una grande città. Nelle città maggiori, infatti (da Berlino a Monaco) mediamente l'affitto di uno spazio per ufficio costa da 1 a 5 euro in più, a metro quadro, di uno spazio residenziale. E lo spazio medio, in ufficio, per un lavoratore tedesco è 23 metri quadri, mentre il vano-ufficio, a casa, sarebbe 12 metri quadri. Con lo scambio centro-periferia il risparmio, nelle 22 città più grandi di Germania, sarebbe consistente. Mediamente, 1500-2000 euro l'anno per impiegato. Nelle 14 metropoli più grandi oltre 2 mila. A Berlino, 5 mila euro l'anno. Chissà se il capo del personale ci ha già pensato.