AnalisiL'analisi si basa sulla cronaca e sfrutta l'esperienza e la competenza dell'autore per spiegare i fatti, a volte interpretando e traendo conclusioni. Scopri di piùsotto 1.870 dollari l’oncia

L’oro non vince la paura da Covid: lingotto a picco con le Borse

In una giornata nera per i mercati finanziari anche l’oro è stato investito dalle vendite, scivolando ai minimi da un mese. Come bene rifugio gli investitori hanno preferito dollaro e yen

di Sissi Bellomo

(peterschreiber.media - stock.adobe.com)

2' di lettura

Il coronavirus è tornato a spaventare i mercati, ma gli investitori non si rifugiano nell’oro. Le quotazioni del metallo prezioso, dopo aver galleggiato per settimane intorno a 1.900 dollari l’oncia, sono arrivate a perdere il 2% nella seduta di mercoledì 28, scivolando a 1.869 dollari sul mercato spot londinese, il minimo da un mese.

L’ondata di vendite è arrivata in una giornata in cui il lingotto in teoria avrebbe potuto brillare. I listini azionari sono venuti giù a piombo sia in Europa – dove i maggiori indici, mentre si preparano nuovi lockdown, sono tornati ai livelli di maggio – sia negli Stati Uniti, dove i contagi sono a livelli record e il mercato, a meno di una settimana dal voto per la Casa Bianca, guarda con crescente nervosismo alle ultime battute della campagna elettorale.

Loading...

La paura fa 40

La volatilità ha raggiunto livelli estremi, con il Vix – l’«indice della paura» – che si è impennato oltre 40 punti, evento raro, che l’ultima volta si era verificato a giugno.

Anche il petrolio ha rotto gli ormeggi, perdendo circa il 6% dopo un forte accumulo di scorte negli Usa, legato a un inatteso rilancio della produzione di greggio: la settimana scorsa per l’Aie le estrazioni sarebbero aumentate di ben 1,2 milioni di barili al giorno, spingendosi a 11,1 mbg, un rimbalzo così vistoso da far sospettare un errore statistico o quanto meno un’aberrazione legata allo stop-and-go delle piattaforme nel Golfo del Messico, investite quest’anno da una serie quasi infinita di uragani.

Anche questo tonfo delle quotazioni del barile, che ha spinto il Brent sotto 39 dollari e il Wti sotto 38 dollari, avrebbe potuto favorire l’oro. Ma gli investitori – da mesi unico motore di traino per il lingotto – come porto sicuro hanno preferito il dollaro e ancora di più lo yen.

Effetto Covid sull’euro

Il biglietto verde si è indebolito nei confronti della valuta giapponese, ma si è rafforzato nettamente sull’euro, che ieri è sceso a 1,721 $ (-0,6%), bastonato dalla forza del coronavirus, che spinge i Governi ad arrendersi a misure sempre più severe e recessive: in Francia e Germania è in arrivo un nuovo lockdown, sia pure un po’ meno rigido della primavera scorsa, in Italia molti invocano un ulteriore giro di vite.

L’oro evidentemente non basta a placare le paure. Il suo ribasso di prezzo in parte potrebbe essere legato alla corsa al contante tipica delle fasi di estrema volatilità dei mercati: gli asset più liquidi vengono ceduti per necessità, un po’ come quando si vendono i gioielli di famiglia. Ma è probabile che a pesare sul lingotto ci sia anche dell’altro.

Elezioni Usa e Fed

Drogati da dosi crescenti di stimoli monetari, i mercati hanno perso la speranza di ottenerne altri nel breve periodo, almeno dalla Federal Reserve, l’unica che conta davvero per l’oro (via rendimenti reali).

Qualche sorpresa potrebbe forse arrivare dalla Bce, che si riunisce giovedì 29. Ma negli Usa è ormai dato per certo che non ci sarà liquidità extra prima delle elezioni. E forse anche dopo il 3 novembre bisognerà attendere qualche tempo, perché si completi l’eventuale passaggio di consegne alla Casa Bianca o perché si risolva una possibile contestazione sul risultato del voto.

Riproduzione riservata ©
Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti