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Aspi, Cdp scrive ad Atlantia: troppe incognite serve più tempo

La cassa e i fondi, Blackstone e Macquarie, auspicando una 'extension' in termini di tempo per lavorare su tutti i punti di attenzione rimasti in sospeso

di Laura Galvagni

(Ansa)

3' di lettura

Cdp e i fondi (Macquarie e Blackstone) restano impegnati per lavorare il più velocemente possibile sul dossier Aspi, per l’acquisto dell’88% della sociertà. Tuttavia resta estrema cautela complici i molti punti di attenzione ancora da chiarire, in sede di due diligence, per arrivare a un'eventuale offerta vincolante.
È questo in estrema sintesi, secondo quanto ricostruito da Radiocor, il senso della missiva inviata nelle ultime ore da Cassa ad Atlantia, in cui l'istituzione finanziaria ha fornito un update sullo status quo dell'operazione, auspicando una 'extension' in termini di tempo per lavorare su tutti i punti di attenzione rimasti in sospeso.
Al proposito, Cdp avrebbe evidenziato tra gli altri la mancanza di informazioni di tipo tecnico e di risposte da parte di Atlantia, la necessita' di alcuni chiarimenti su Capex e Opex, nonche' il fatto che il Piano economico e finanziario non abbia ancora ricevuto una formalizzazione definitiva e che, negli ultimi giorni, sia stata caricata in data room una quantità rilevante di informazioni ancora da approfondire.
In nella due diligence prettamente tecnica ci sarebbero ancora diversi punti di attenzione da approfondire, che vengono considerati chiave per formulare una valutazione della societa' e dunque una possibile offerta; più avanti, invece, sarebbe la due diligence finanziaria, che sarebbe comunque da completare.
In ogni caso, Cdp - in una lettera di tre pagine dai toni collaborativi ma anche all'insegna dell'estrema cautela - sottolinea che in termini di prossimi 'step' si conferma l'obiettivo di analizzare congiuntamente ai partner i punti rimasti in sospeso, che al momento rendono l'analisi più difficoltosa e sui quali servono chiarimenti, al fine di fornire un update a breve.
Atlantia aveva dato tempo a Cdp e fondi fino al 30 ottobre scorso per formulare un'offerta mentre Cassa, a inizio ottobre, aveva indicato in 10 settimane il tempo necessario per una due diligence completa sul dossier con un update dopo circa un mese.
Il cda di Atlantia con ogni probabilità si vedrà il 10 dicembre per nuovo aggiornamento sul tema. Anche perchè, nel caso, ha necessità di convocare l’assemblea per la scissione dell’asset, ossia Autostrade per l’Italia, al più tardi entro metà gennaio.

Intanto Aspi ha registrato oltre 3,7 miliardi di richieste per un bond da 1,25 miliardi. In questa fase di mercato, con gli investitori a caccia di rendimenti non sarebbe una notizia così eclatante, se non fosse che a lanciare l’emissione è stata proprio la concessionaria controllata da Atlantia che è nel mirino del governo da oltre due anni per la tragedia del Ponte Morandi.

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La società, che mancava dal mercato da ottobre 2017, è riuscita a collocare l’obbligazione a un rendimento, peraltro, sulla carta distante da quello che è il suo merito di credito. Aspi, infatti, complice lo spauracchio della revoca della convenzione a un prezzo inferiore ai debiti in portafoglio (come stabilito dal decreto Milleproroghe 11 mesi fa) per le principali agenzie di rating è un titolo “junk”, ossia spazzatura. Eppure ieri ha strappato una cedola fissa del 2,00%, con un rendimento effettivo a scadenza del 2,163%, superiore di 250 punti base al tasso di riferimento mid-swap.

Nel 2017 l’esito del collocamento non era stato molto diverso, sebbene in quel momento Aspi vantasse un rating investment grade (BBB+ per Standard & Poor’s): in particolare, l’emissione che aveva un taglio di 700 milioni ricevette richieste per 2,2 miliardi e alla fine la cedola fu fissata all’1,75% con un rendimento a scadenza dell’1,9%. C’è anche da dire, ad onor del vero, che tre anni fa lo scenario dei tassi di mercato non era lo stesso di oggi.

Giudizio positivo sul Piano economico

Evidentemente il mercato sembra considerare ormai prossimo a zero il rischio che l’esecutivo possa valutare nuovamente l’ipotesi di revoca della concessione e soprattutto sembra approvare il piano economico finanziario concordato di recente con il ministero delle Infrastrutture e con il ministero dell’Economia e delle Finanze. D’altra parte quegli 1,2 miliardi raccolti servono proprio per andare a finanziare parte degli interventi contenuti nel pef e previsti nel 2021, oltre che per gestire meglio la cassa. «I mercati - ha sottolineato l’amministratore delegato Roberto Tomasi - dimostrano di credere nel nostro piano di trasformazione e sono pronti a finanziare l’ingente piano degli interventi previsti negli accordi in corso di approvazione da parte del Governo italiano e che auspichiamo di finalizzare quanto prima. Queste risorse ci consentiranno di avviare, nell’ambito nel nuovo quadro regolatorio previsto, un programma di 14,5 miliardi di investimenti e di 7 miliardi di attività di manutenzioni».

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