Cyber crime

Campari, l’attacco hacker e il riscatto da 15 milioni di dollari: «Rubati i dati di 4.700 dipendenti»

di Diana Cavalcoli

Campari, l'attacco hacker e il riscatto da 15 milioni di dollari: «Rubati i dati di 4.700 dipendenti»

Un dicembre complesso per il gruppo Campari. Un nuovo capitolo si aggiunge al racconto dell’attacco malware del mese scorso in cui la società ha subito il furto di 2 terabyte di dati seguito dalla minaccia di pubblicarli se l’azienda non avesse pagato 15 milioni di dollari. Con una nota il gruppo, che possiede i marchi Aperol e Grand Marnier, Averna e Cynar, fa sapere che è «ora in grado di confermare che alcuni dati personali e aziendali sono stati compromessi». La società riferisce che sarebbero coinvolti i dati di 4.736 dipendenti, 1.443 ex dipendenti e 1.088 consulenti. Tra i dati ‘rubati’ nome, cognome, indirizzo e-mail, numeri di cellulare, ruolo e numero identificativo del personale nel Network Campari. Oltre ad «alcuni contratti, documenti e dati personali, dati contabili principalmente riferiti alla consociata statunitense del gruppo».

Nel complesso si tratta di informazioni personali e aziendali che in gergo tecnico sono state esfiltrate (cioè copiate su un altro server), crittografate o violate. Tra queste, ad esempio, le informazioni commerciali e i dettagli di pagamento di clienti oltre ai curricula vitae di candidati e ancora documenti e informazioni aziendali riservati (come analisi, presentazioni, contabilità). «Il cui contenuto non è ancora possibile determinare a causa delle conseguenze dell’attacco», precisa l’azienda.

Rischi e tutele

I dati rubati sono un problema concreto per il personale. La perdita di riservatezza espone i dipendenti e gli ex collaboratori del gruppo a un uso improprio dei dati di contatto, a tentativi di phishing e frode, ad alterazione dei dettagli di pagamento e conseguenti errori di pagamento da parte di Campari group. Il caso più classico è la modifica di un codice Iban. Per questo la società ha fornito una serie di consigli sulla sicurezza che includono non rispondere a richieste o messaggi sospetti e non aprire alcun link a meno che non si sia assolutamente sicuri che provenga da una fonte affidabile. Il gruppo ribadisce poi l’attenzione posta nelle indagini che sono ancora in corso e che mirano alla messa in sicurezza di tutti i server e dispositivi degli utenti finali mediante misure di hardening e tramite un processo di autenticazione multifattoriale. In modo da impedire accessi non autorizzati. «L’indagine sulle informazioni potenzialmente acquisite o compromesse sta continuando e siamo in costante contatto con le autorità per la protezione dei dati nonché collaborando pienamente con le forze di polizia», concludono da Campari.

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