parla l’amministratore delegato gian maria mossa

Banca Generali: il Covid ha reso digitale il risparmio degli italiani

di Stefano Righi

Banca Generali: il Covid ha reso digitale il risparmio degli italiani

Gian Maria Mossa, da quattro anni alla guida di Banca Generali
Gian Maria Mossa, da quattro anni alla guida di Banca Generali

Banca Generali, controllata per oltre il 50 per cento dalla compagnia assicuratrice, ha chiuso il 2020 con un utile netto di 274,9 milioni di euro, ma soprattutto con un ruolo sempre più definito nel segmento della gestione dei patrimoni oltre i 500 mila euro. Gian Maria Mossa è alla guida della banca da quattro anni.

Mossa, in un 2020 terribile per tanti motivi, la tenuta del sistema finanziario è uno dei segnali più confortanti. Soprattutto per quelle banche che avevano già investito nella trasformazione digitale o nelle reti dei consulenti. Quanto il Covid-19 ha fatto bene ai vostri conti?

«La prima osservazione è che la pandemia ha favorito la trasformazione digitale nel mondo del risparmio in Italia, accelerando in determinati segmenti di clientela la migrazione dal tradizionale sistema bancario alle banche specializzate. I numeri della categoria non possono essere casuali. Mi riferisco quindi non solo a Banca Generali, ma anche ad altri importanti operatori che hanno fatto molto bene: abbiamo avuto una accelerazione dei rispettivi business a doppia cifra, in un anno in cui non si è generata nuova ricchezza, ma in cui si sono cercate risposte a nuove esigenze. Poi, dobbiamo considerare che questa è una industria che da anni cresce a questo ritmo e che ha un ruolo centrale nel risparmio degli italiani. Noi in sette anni, dal 2013, abbiamo triplicato il valore delle nostre masse gestite. Eravamo a 25 miliardi, sfioriamo i 75 miliardi. Ugualmente tutto il settore mantiene ampi margini di crescita. Negli Stati Uniti il risparmio gestito intercetta circa il 60 per cento del totale, in Italia siamo ancora tra il 15 e il 20 per cento del totale».

Il settore del risparmio sembra andare meglio delle banche tradizionali.

«Questo cambiamento del mercato, a mio avviso, non è stato ancora compiutamente percepito. In uno scenario in cui le banche tradizionali stanno attraversando un importante momento di consolidamento e di riorganizzazione, sta emergendo la consapevolezza intorno al settore delle reti che gestisce una parte sempre più importante di risparmio, con tassi di sviluppo sicuramente più forti degli istituti commerciali».

Effetti che si riflettono sul dividendo.

«Proponiamo alla prossima assemblea di pagare, in due rate, un dividendo complessivo di 3,3 euro. Una prima tranche nel quarto trimestre del 2021 da 2,7 euro e una seconda, nel primo trimestre del 2022, da 60 centesimi. Ai prezzi attuali, questi pagamenti corrispondono a un rapporto dividend/yeld superiore all’11 per cento ed è il 70 per cento degli utili maturati nel biennio 2019-20. Una cifra che è superiore a quanto ci siamo impegnati a pagare davanti al mercato, ovvero 1,25 euro per azione di dividendo annuo. Il tutto continuando a crescere come business e aumentando la solidità patrimoniale».

Siete premiati dalla attesa trasformazione digitale del Paese.

«Il digitale, non come fine ma come mezzo, è diventato fondamentale nell’operatività. Favorisce la vicinanza nella relazione di fiducia tra banker e cliente e anche in questi mesi così complessi durante la pandemia ha consentito di accompagnare le famiglie nelle scelte più importanti di pianificazione. Ma oltre al rafforzamento nella sfera del risparmio e nella sfida per il digitale, questa crisi ha tracciato un terzo trend importante: il bisogno di protezione. La crisi ha acuito le percezioni di vulnerabilità e criticità, e questo sta portando a una riconsiderazione delle priorità da parte di molte famiglie, sia nella visione personale, sia professionale. Questo conduce verso una maggior domanda di sicurezza, perché la gente avverte più forte di prima proprio l’elemento della vulnerabilità».

Una crisi, quella innestata dal Covid 19, destinata a lasciare il segno.

«Gli effetti strutturali di questa crisi saranno profondi e prolungati nel tempo. Molti pensano che le conseguenze si limiteranno ai mercati al dettaglio, ai piccoli negozianti. Io sono convinto che non sarà così, penso che la pandemia lascerà tracce anche nell’industria, fino alla medie aziende. Il sistema bancario e gli operatori di private banking dovranno essere pronti a dare supporto alle imprese, anche nel campo della governance e della successione generazionale».

Cosa pensa dell’effetto Draghi sui mercati?

«Draghi ha già fatto cambiare la percezione del rischio Paese. Ha uno standing unico e dal punto di vista professionale è in grado di far cambiare realmente le cose e l’atteggiamento nei confronti dell’Italia da parte di chiunque».

Lo spread sembra sotto controllo.

«Sono fiducioso che questo esecutivo avvicinerà ulteriormente l’Italia all’Europa. E ci auguriamo di ritornare a un livello inferiore di quelli dei Paesi periferici».

Il vostro modello di business si stacca progressivamente dal tradizionale business bancario. La gestione della ricchezza è più remunerativa della gestione del denaro.

«Noi siamo una banca capace di crescere, capace di remunerare gli azionisti e che dipende in misura minore rispetto ai competitor dal business caratteristico dell’essere banca. Questo ci rende, a mio avviso, unici. E lo dimostra il fatto che nel private banking, quindi nella gestione di patrimoni superiori ai 500 mila euro, Banca Generali è terza in Italia, dietro solo a Intesa Sanpaolo e a Unicredit, con quasi 50 miliardi di masse, due terzi delle nostre masse complessive».

Quanti sono i bankers di Banca Generali?

«Siamo arrivati a 2.086. Siamo l’unica realtà che, negli ultimi sette anni, è cresciuta ogni anno sia nel numero dei banker che nel valore medio del portafoglio complessivo di ciascun banker. E in questi primi due mesi del 2021 abbiamo già inserito una trentina di giovani banker molto in gamba».

A quanto ammonta il portafoglio medio di un vostro banker?

«Siamo a circa 35 milioni. Considerate che la media dell’intera industria dei consulenti finanziari è poco sopra i 23 milioni, e abbiamo quindi un posizionamento molto più elevato ai vertici del settore. Sono numeri che fanno riflettere, anche perché non è sempre stato così. Nel 2006, quando la media di mercato dei portafogli era a 12 milioni, noi eravamo a 7 milioni. Questo da l’idea di quanto sia cambiata Banca Generali in 15 anni».

Il risparmio degli italiani ha raggiunto cifre iperboliche. Ci sono stati molti tentativi, ma ancora non si è riusciti a trasferire questa enorme risorsa nell’economia reale. Questo enorme capitale continua a dormire nei conti correnti.

«Per le banche, va detto, i soldi sul conto corrente hanno storicamente rappresentano un’occasione di guadagno. Un sorta di pasto gratis. Questo è venuto progressivamente meno perché il ritorno dall’impiego della liquidità risente dei tassi bassi e delle difficoltà congiunturali. In Italia, non dimentichiamolo, si paga sul risparmio lo 0,2 per cento ogni anno. Quindi, nei fatti, una patrimoniale c’è già, e in dieci anni vale il 2 per cento del risparmio degli italiani. C’è però l’esenzione sui conti correnti. Se si guarda però alle necessità di investimento di lungo periodo le attuali agevolazioni sono sicuramente migliorabili. Un esempio riguarda il livello di deducibilità i di 5.164 euro che rischia di risultare non sufficiente ai progetti previdenziali complementari, quando si potrebbe introdurre il concetto di detraibilità più accessibile nell’immediato»

E i Pir?

«Il recente passo, che prevede una condivisione delle possibili perdite di chi investe, con una manleva del governo fino al 20 per cento del risultato negativo, tende a cambiare la logica esistente, incentivando l’intervento dei privati».

È iniziato un anno cruciale.

«Come sistema Italia, abbiamo venduto alcune società protagoniste nel settore. Fortunatamente abbiamo un paio di campioni nazionali molto forti, però complessivamente il settore si sta impoverendo. Per evitare di perdere ulteriore competitività bisognerebbe cercare di stimolarne lo sviluppo, tanto negli strumenti liquidi, quanto negli illiquidi che sono importanti per avvicinare il risparmio privato alle imprese. Una leva importante per parlare di crescita sostenibile nel nostro Paese. Spero che il governo superata l’emergenza delle prime settimane, possa lavorare per favorire la cultura in tal senso».

Ritiene davvero possibile un simile cambiamento?

«Penso sinceramente di sì e i tavoli di lavoro sviluppati nell’ultimo anno a diverso livello tra istituzioni e imprese, non solo del settore, trovavano tutti d’accordo nell’opportunità di valorizzare l’industria del risparmio per i vantaggi che è capace di generare».

L’Italia subirà gli effetti della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina?

«Sono in molti a guardare all’Asia con interesse. Credo che al termine della pandemia, l’Asia tutta e la Cina in particolare si troveranno in una situazione di vantaggio nei confronti del resto del mondo. Anche rispetto agli Stati Uniti che negli ultimi tempi hanno prodotto una quantità enorme di stimoli monetari e fiscali e si troveranno presto, a mio avviso, a dover affrontare crescenti pressioni inflattive, oltre ai già noti problemi di natura sociale. Temi che potrebbero riflettersi anche sulle valute».

Ha iniziato il terzo anno del suo mandato.

«Siamo una banca diversa di quella che eravamo anche solo nel 2018. Il prossimo triennio sarà un periodo in cui Banca Generali dovrà continuare a crescere. Questo significa che anche nel piano industriale che stiamo mettendo a punto è previsto un rafforzamento del nostro posizionamento. Che poi questo si raggiunga solo per linee interne o anche per esterne è presto per dirlo. Dobbiamo poi accelerare il processo di internazionalizzazione che non vuol dire solo andare a sviluppare una presenza in Svizzera, ma che vuol dire aprire una serie di opzioni, per i nostri clienti, anche all’estero. E in questo essere parte di un grande gruppo internazionale aiuta sicuramente. E più in generale c’è un tema di trasformazione del modello di business e noi dobbiamo pensare alla macchina tecnologica in una logica diversa».

Lei parla dei prossimi tre anni, quindi considera Mossa ancora alla guida.

«Deciderà l’azionista Generali con cui c’è piena sintonia; per me è un onore guidare questa squadra nel gruppo del Leone».

Ecco, il rapporto con l’azionista?

«Davvero molto positivo e costruttivo. C’è una partnership industriale che sta dando buoni frutti. Credo sinceramente che, in tema di competenze assicurative, Generali sia la numero uno in Europa».

Tutti parlano di Bitcoin e di Blockchain. Voi nel settore avete investito.

«Abbiamo fatto una acquisizione, investendo fino a un massimo di circa 14 milioni di euro ed entrando nel capitale della scale up Conio. Lo abbiamo fatto perché la tecnologia blockchain sarà parte del nostro futuro e vogliamo studiarne le sinergie. Mentre sul bitcoin è possibile che ci sia anche un tema forte di speculazione, sulla validità della tecnologia blockchain per la tokenizzazione di assets, o vere e proprie valute digitali, non è possibile non metterci seriamente la testa per studiarne le opportunità».

A proposito di speculazioni. Nelle ultime settimane c’è stato il caso Game Stop. Non crede che le varie piattaforme, più o meno social come Robin Hood, possano erodere quote di mercato a operatori come voi?

«Penso sia importante la tutela dei risparmiatori. Vorrei sapere cosa ne pensano coloro i quali hanno comperato Game Stop sui massimi e in pochissimi giorni hanno visto quasi azzerare il loro investimento. Detto questo, credo anche che le piattaforme in quanto tali siano una espressione democratica e che favoriscono l’accesso al mercato. No deve rischiare di diventare un fenomeno di moda, e credo che sia compito del Regolatore intervenire per tutelare i più deboli. Se si trasforma il trading online in un gioco alla social i rischi sono elevatissimi. L’importanza di un professionista che ci guida nelle scelte più importanti per la nostra pianificazione finanziaria resta fondamentale. Ed è per questo che vedo un grande futuro per Banca Generali».

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