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Mps, con Bruxelles accordo entro marzo, ma la decisione sul partner è ancora lontana

Tesoro e banca al lavoro sul nuovo piano: Bruxelles (per ora) non va in pressing. Intanto, dopo il no di UniCredit, il mercato guarda alle possibili mosse di Bper e Credit Agricole Italia

di Luca Davi

Mps, Orcel (Unicredit): "Operazione poteva essere realizzata, ma non ad ogni costo"

3' di lettura

Se Bruxelles attende (pazientemente) il piano di Mps, Mps attende la politica italiana, a sua volta in stallo. In questi giorni il dialogo tra il Mef e l’Ue, a quanto risulta al Sole 24 Ore, è infatti in stand-by. Il Tesoro, insieme alla banca, è silenziosamente al lavoro sul nuovo piano in un clima di massima collaborazione con tutte le autorità coinvolte, da Bce alla Dg Competition. Ma la partita non è ancora entrata nel vivo e soprattutto non si sono toccati i due veri temi di fondo: il primo riguarda la proroga della presenza nel capitale di Mps da parte del Tesoro (64%) e le modalità di uscita; l’altro, che è connesso, riguarda la revisione degli obiettivi del piano industriale e gli impegni di risanamento.

L’unica condizione chiara posta ad oggi da Bruxelles è che l’aumento di capitale da 2,5 miliardi - cifra che potrebbe essere anche ritoccata strada facendo – sia realizzato a condizioni di mercato. Ancora tutti da definire però sono gli obiettivi quantitativi più sensibili, a partire dal cost/income di fine piano, tema a cui si legano a doppio filo gli esuberi e la revisione del perimetro. Temi su cui Bruxelles, a quanto risulta, non starebbe mettendo inutilmente pressione, anche alla luce della sostanziale tenuta commerciale della banca.

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Lo stallo politico e l’obiettivo di fine marzo

Ciò ovviamente non significa che a Roma si voglia perdere tempo. Anzi. L’idea è arrivare quanto prima a una quadra definitiva con le Authority, al massimo entro fine marzo, una volta che gli equilibri politici si saranno fatti più chiari. Del resto in Italia come in Europa c’è piena consapevolezza del fatto che la situazione politica italiana sia oggi in fase di impasse.

L’incertezza che da settimane grava sulla nomina del prossimo Presidente della Repubblica, e a cascata sul futuro dell’attuale governo e dei suoi equilibri interni, rende complicata la cristallizzazione di un accordo di lungo respiro su Siena. Almeno a strettissimo giro. Anche perché ragionevolmente il nuovo piano potrebbe coinvolgere più attori e a più livelli: da Amco, realisticamente, per il fronte dei crediti deteriorati, a Mcc, forse, per eventuali cessioni di asset non core, a Fintecna per le possibili garanzie sulle cause legali.

UniCredit, Bper e Credit Agricole: le tre possibili opzioni

Ma soprattutto è il punto di atterraggio finale della banca, e cioè quale sarà il partner con cui Siena dovrà convolare a nozze una volta sistemata, il nodo ancora tutto da sciogliere. Non che la scelta del futuro socio industriale possa essere un tema già all’ordine del giorno, visto che il Tesoro rimarrà nel capitale della banca ancora a lungo, per 18-24 mesi e forse oltre.

Ma è chiaro che qualsiasi scelta verrà fatta su Mps, intesa la possibile (ma non scontata) revisione del perimetro, non potrà prescindere da una valutazione prospettica anche del futuro partner. Ecco perché nessuno nasconde che nei palazzi romani i radar siano accesi sui movimenti del mercato bancario. In questo senso, almeno in passato la pista italiana è apparsa di gran lunga quella preferibile. E non a caso UniCredit, anche per la sua stazza, è stato da subito individuato come il soggetto più credibile per l’aggregazione. Oggi quel dossier, sfumato dopo la rottura delle trattative con il Mef, sembra accantonato, sebbene qualcuno non escluda un possibile ritorno di fiamma.

Inevitabile quindi che si guardi a Bper, banca che avendo un piede in Pop. Sondrio ed essendo oramai in procinto di annettere Carige, con Siena – che sarebbe un boccone certo non facile da digerire – farebbe un salto di dimensione tale da proiettarla al livello delle grandi banche italiane, Intesa e UniCredit. Ma se così non fosse? Secondo alcune letture a quel punto potrebbero riaprirsi le candidature di soggetti stranieri. E in questo caso molti guardano in particolare al Credit Agricole Italia, sesta realtà bancaria in Italia, che ha già messo le mani sul Creval e che, al fotofinish, ha perso l'occasione di entrare in trattativa esclusiva con il Fondo interbancario per Carige, superata da Bper. Mps, del resto, una volta ripulita e potrebbe essere molto appetibile complice il “tesoretto” di 2 miliardi di Dta in pancia, sempre a patto che la normativa sul tema in scadenza al 30 giugno venga rinnovata. Si vedrà se, dopo la débacle sulla Cassa ligure, il colosso francese vorrà rifarsi con Siena, dossier che per natura e dimensioni avrebbe però implicazioni non banali, anche a livello politico. Scelte politiche, appunto, che si incroceranno con la definizione dei nuovi assetti politici e istituzionali italiani.

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