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Fibra, il paradosso Prysmian: «Vendiamo solo all’estero»

L’appello dell’Executive vice president di Prysmian, Philippe Vanhille : «Il settore si impegni per una rete di alta qualità». Rischio carenze nella sicurezza e di ripercussioni sul sito di Battipaglia

di Andrea Biondi

3' di lettura

«In questo momento tutto è nelle mani degli operatori di telecomunicazione. Quindi il settore delle Tlc si impegni per primo, veramente, per dare al Paese una rete in fibra future proof, sicura, performante».

Philippe Vanhille è Executive Vice President Telecom Business di Prysmian Group. Non è la prima volta che porta all’attenzione il tema della qualità della fibra ottica oggi in uso o programmata per il rollout delle varie reti. Ma sulla questione torna a battere dicendosi preoccupato del «caso italiano. Qui in Italia c’è un leader mondiale nella produzione di fibra ottica, che siamo noi di Prysmian. Ma in questo Paese non vendiamo nulla della nostra produzione realizzata nello stabilimento di Battipaglia», in provincia di Salerno.

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Due sono quindi le conseguenze, spiega al Sole 24 Ore alla vigilia del Fiber to the home council della settimana prossima a Vienna: una di “sistema” e l’altra riguardante le possibili ripercussioni sulla stessa attività di Prysmian. La quale ha nei primi 3 mesi ha registrato un aumento del fatturato (+11,4%) salito a 3,68 miliardi e dell'utile in crescita del 65,8% a 126 milioni. Ma Battipaglia, con la sua Fibre Ottiche Sud (Fos, ndr.), rappresenta un nodo: «Se non riusciamo a trovare un modo di migliorare la sostenibilità, è fuori mercato».

Eppure – e qui si torna al ragionamento di sistema – le condizioni per chiudere la questione in maniera positiva per tutti ci sono e sono anche immediatamente visibili a tutti, sottolinea Vanhille. Perché c’è un programma per la realizzazione di una rete in fibra nelle aree grigie del Paese (semi-concorrenziali perché servite dalla rete di almeno un operatore) con il Piano “Italia a 1 Giga” che ha visto Tim e Open Fiber spartirsi la torta delle regioni italiane.

Senza contare la prospettiva di una rete unica per la quale un passo significativo è atteso per la prossima settimana (si veda altro articolo in pagina). Che si vada o meno in questa direzione, gli investimenti sulla fibra appaiono caratterizzanti. «Quello che stiamo cercando di far capire ai nostri clienti, innanzitutto, come al Governo – sottolinea l’Evp di Prysmian – è che «prevedere l’utilizzo di una fibra di qualità può garantire una diffusione più capillare, una maggiore sostenibilità, un uso più esteso negli anni».

Il riferimento è alla fibra con diametro più ridotto e a quelle cosiddette “Bend-Insensitive”: quelle resistenti alle piegature. «Con le fibre di diametro ridotto – spiega Vanhille – è possibile alzare il livello di densità di fibra nel Paese. Anziché mettere un cavo in un tubo ne mettiamo due o anche tre. Si può aggiungere fibra senza fare grandi lavori, impattando sul costo dell’infrastruttura, con meno spese di trasporto, di packaging. più sustainability e comunque c’è un tema di future proof: si avrebbe una fibra più compatibile con i fabbisogni di domani».

In questo quadro, è la valutazione dell’Evp del gruppo guidato dall’amministratore delegato Valerio Battista, si innesta il “paradosso” italiano: presenza di un player mondiale specializzato nella fibra di qualità, che però non fa da profeta in patria. Anzi: «La fabbrica di Battipaglia produce 8 milioni di chilometri di fibra all’anno. Il mercato italiano oggi io lo stimo a 6. Insomma, solo la Fos basterebbe al fabbisogno italiano.

La questione che si può eccepire è che Vanhille parli pro domo sua, di un’azienda che produce questi tipi di fibra. «La nostra è una posizione da leader di settore con esperienze in tutto il mondo».

Altro punto: il tema costi è non indifferente per gli operatori. «È chiaro – replica – che siamo in un’economia di mercato e la scelta è libera e degli operatori. Ma la realizzazione delle reti è stata portata avanti anche grazie a contributi pubblici. E che il tema è quello della fibra future proof, a prova di futuro. L’invasione della fibra a basso costo, soprattutto dai Paesi dell’Asia, è un rischio che continuiamo a sottolineare come stiamo facendo ormai da tempo».

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