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Petrolio, oro, gas: a che punto sono le sanzioni Ue alla Russia

I 27 hanno varato sei pacchetti di ritorsioni, bersagliando il settore delle materie prime. Nel concreto, però, le misure in atto non sono così ampie

di Alberto Magnani

Draghi: "Sanzioni funzionano, ma continuiamo a cercare pace"

4' di lettura

L’invasione russa dell’Ucraina ha scatenato, lo scorso febbraio, un’altra guerra: quella economico-finanziaria, con uno scambio di ritorsioni fra i paesi occidentali e Mosca. L’Unione europea ha dato il via a una delle offensive più strutturate, predisponendo un totale di sei pacchetti sanzionatori nell’arco di quattro mesi. Bruxelles sta bersagliando il Cremlino dal 2014, in risposta alla operazione in Crimea, ma il conflitto ucraino ha intensificato la sua stretta fino all’obiettivo - dichiarato - di recidere i legami con l’economia russa. Non è un caso se al centro dei vari «package» europei siano comparsi i servizi finanziari, le proprietà degli oligarchi nell’entourage di Putin e, soprattutto, il settore delle materie prime.

Finora i 27 sono riusciti ad approvare misure restrittive sul petrolio, attuando un blocco «progressivo» entro il 2022, mentre l’oro è comparso fra i prossimi obiettivi nella campagna sanzionatoria di Bruxelles e del G7. Il tabù è rimasto il gas naturale, anche se è stata la stessa Russia a rompere gli indugi e predisporre una serie di tagli alle forniture all’Europa.

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Petrolio: stop «progressivo» all’import. Con qualche eccezione

La sanzione più concreta si è attuata sul petrolio, con l’istituzione di uno stop «progressivo» per azzerare l’import di greggio e prodotti raffinati russi entro il 2022. Secondo le stime diffuse a giugno dal Consiglio europeo, l’indipendenza completa da Mosca avrebbe richiesto sei mesi per il greggio e otto mesi per i prodotti raffinati.

L’embargo, proposto dalla Commissione europea, è rimasto ostaggio per circa un mese delle spaccature interne ai 27, a partire dal veto opposto da uno dei paesi più vicini alla Russia: l’Ungheria di Viktor Orban, già in tensione con Bruxelles per la sua apertura a un pagamento in rubli delle importazioni da Mosca.

Il compromesso raggiunto dal Consiglio europeo del 30-31 maggio ha stabilito che il bando si applichi “solo” alle importazioni via mare, esonerando quelle effettuate via oleodotto: una misura che dispensa i paesi più dipendenti dall’oro nero di Mosca, come la stessa Ungheria, fino al raggiungimento di un’alternativa praticabile per i paesi senza sbocchi sulla costa. L’esenzione dovrebbe essere ridiscussa «il prima possibile», ma i vertici comunitari non hanno ancora fissato una data di scadenza né una tabella di marcia chiara per l’uscita dall’eccezione. Una seconda deroga è stata concessa a Bulgaria e Croazia, «temporaneamente» autorizzate ad acquistare greggio anche via mare.

Un capitolo a sé è rappresentato dall’ipotesi, formulata dal G7, di un tetto al prezzo del petrolio russo. La Ue potrebbe considerare l’opzione, a margine del suo pacchetto sanzionatorio, ma i vertici fanno trasparire una linea di cautela. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha dichiarato che Bruxelles dovrà prima assicurarsi il sostegno «dei 27 Stati membri dell'Unione europea» ed evitare un effetto-boomerang sull’economia comunitaria.

L’ipotesi di una stretta sull’oro russo

L’ipotesi di una stretta sull’oro russo si è materializzata alla vigilia del Consiglio europeo del 23-24 giugno, come stretta aggiuntiva rispetto ai sei pacchetti varati fino a oggi. Le indiscrezioni riportate dalle agenzie internazionali, come la Reuters, avevano fatto emergere la volontà di colpire un’industria di peso per le finanze di Mosca e la stabilità di una Banca centrale russa già colpita dal congelamento dei suoi asset in Europa. Stando ai dati del World Gold Council, evidenziati dal Sole 24 Ore, Mosca produce quasi 331 tonnellate di oro l’anno, per un valore che si aggira sui 15,5 miliardi di dollari Usa.

La due giorni si è conclusa senza novità specifiche, anche se i 27 hanno incluso nel communiqué finale che «i lavori sulle sanzioni proseguiranno» fino all’istituzione di nuove misure. Le sanzioni sull’oro potrebbero rientrare nei nuovi round di ritorsioni, a maggior ragione dopo che il metallo è finito - anche - nel mirino del G7. In occasione del vertice in Baviera del 25 e 26 giugno, i leader globali hanno discusso lo stop all’importazioni aurifere da Mosca, con l’obiettivo di penalizzare le finanze di Mosca e gli oligarchi vicini al presidente russo Putin. Anche su questo fronte, il principio di fondo è la cautela. Michel ha sottolineato che i 27 studieranno l’eventualità di colpire l’oro russo, ma sempre in maniera che «colpisca l’economia russa e non noi stessi».

Il tabù (europeo) sull’import di gas russo

Resta in piedi il tabù sul gas russo, uno degli snodi più delicati nell’interdipendenza economica ed energetica fra Bruxelles e Mosca. L’Ue deve alla Russia il 40% delle sue importazioni di gas, una quota che ha sempre obbligato i vertici comunitari a mantenersi più che prudenti su qualsiasi misura ritorsiva. L’esito è che una sanzione ad hoc non è mai comparsa nelle decisioni dei 27, anche se l’obiettivo di affrancarsi completamente da Mosca non potrà che passare anche per un allentamento della dipendenza gassifera. Nel frattempo, il Cremlino non ha esitato ad attuare ritorsioni in senso contrario, tagliando o ridimensionando le proprie forniture verso l’Europa.

La mossa più drastica si è registrata con il taglio del 60% delle forniture di Nord Stream 1, il principale gasdotto europeo, “gemello” del Nord Stream 2 bloccato dalla Germania in risposta alla stessa invasione russa in Ucraina. L’intervento ha provocato cali nelle forniture di alcuni paesi Ue, inclusa l’Italia ,mentre i rubinetti erano già stati chiusi in maniera mirata a Bulgaria, Francia, Polonia e Paesi Bassi. Lo scenario che più inquieta i vertici comunitari è quello di uno stop completo delle esportazioni in inverno, «l’arma letale» su un’economia Ue già passata dalla crisi del Covid a quella innescata dal conflitto ucraino. Per ora Bruxelles sembra escludere l’ipotesi, definita irrealistica e controproducente anche per lo stesso Cremlino. Ma non sarebbe la prima sorpresa in arrivo da Mosca, anche a sfavore della sua stessa economia.

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Riproduzione riservata ©
  • Alberto MagnaniRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: inglese, tedesco

    Argomenti: Lavoro, Unione europea, Africa

    Premi: Premio "Alimentiamo il nostro futuro, nutriamo il mondo. Verso Expo 2015" di Agrofarma Federchimica e Fondazione Veronesi; Premio giornalistico State Street, categoria "Innovation"

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