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Oro, la Casa Bianca preme sul G7 per l’embargo totale sulle forniture russe

Mosca è il secondo produttore aurifero mondiale, con esportazioni per circa 19 miliardi di dollari. Ma la misura rischia di essere simbolica: le sanzioni hanno già prosciugato gli scambi con le maggiori potenze mondiali

di Sissi Bellomo

Il G7 lancia un piano da 600 miliardi di dollari per investimenti

2' di lettura

L’oro russo è entrato nel mirino degli Stati Uniti, che puntano ad ottenere dal G7 un divieto assoluto di importazione. L’annuncio di un embargo coordinato da parte delle potenze mondiali potrebbe arrivare martedì 28, alla conclusione del vertice delle potenze mondiali in corso sulle Alpi bavaresi, secondo quanto anticipato domenica 26 dal presidente Joe Biden. Ma l’inquilino della Casa Bianca forse ha parlato troppo presto, oltre che peccando di eccessivo ottimismo.

Se la Gran Bretagna ha subito aderito con entusiasmo, seguita da Canada e Giappone, ai membri europei del G7 – Italia, Francia e Germania – potrebbe servire più tempo per discutere con i partner della Ue, come ha suggerito il cancelliere tedesco Olaf Scholz intervistato dalla tv pubblica Zdf.

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Anche il presidente del Consiglio europeo, Jean Michel, ha gettato acqua sul fuoco: «Siamo pronti a sviscerare i dettagli – ha detto – per vedere se è possibile prendere di mira l’oro in modo da colpire l’economia russa e non colpire noi stessi».

Un embargo all’oro russo – anche se appoggiato dall’intero G7 e dalla Ue – rischia comunque di non avere l’impatto auspicato da Biden, che in un tweet ha prefigurato un danno di «decine di miliardi di dollari» per le finanze di Mosca.

La Russia, gigante delle materie prime, è anche una potenza aurifera: addirittura il secondo produttore minerario alle spalle della Cina, con 334 tonnellate estratte nel 2021, il 10% dell’offerta globale. L’export di oro le ha fruttato 19 miliardi di dollari l’anno scorso, secondo il segretario di Stato Usa Antony Blinken, qualificandosi come la seconda voce di entrate dopo l’energia.

Ma è anche vero che le sanzioni in vigore hanno già prosciugato le vendite di Mosca nei Paesi del G7, dunque un embargo avrebbe un valore «largamente simbolico», come suggerisce Warren Patterson, head of commodities strategy di ING Groep.

Resta qualche maglia aperta nel sistema, come dimostra il caso scoppiato nei giorni scorsi in Svizzera, importante hub dei metalli preziosi, che non fa parte del G7: le autorità stanno indagando su 3,1 tonnellate di lingotti di fabbricazione russa entrati a maggio nella confederazione, di cui nessuno ammette di aver preso consegna.

C’ è anche il rischio di triangolazioni: i sospetti si appuntano su Dubai, che ha aumentato l’export di oro da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Inoltre, possono ancora circolare liberamente i lingotti russi fabbricati prima del 7 marzo 2022.

Infine c’è il mercato asiatico. «Cina e India, i due Paesi con la maggiore domanda di oro, non sono membri del G7», ricorda Alexander Zumpfe, senior trader di Heraeus Metals Germany GmbH & Co. «Questa domanda potrà continuare ad essere soddisfatta con metallo russo, per cui è improbabile che si creino carenze».

Anche il mercato non ha avuto reazioni forti all’annuncio di Biden: il prezzo dell’oro, dopo un iniziale rialzo dello 0,8% (a 1.835,70 dollari l’oncia) ha concluso la giornata poco variato, intorno a 1.825 dollari.

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